Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Guido Guidi, Accademia di belle arti, Ravenna, 1994, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Image

Guido Guidi, Accademia di belle arti, Ravenna, 1994, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Guido Guidi tra luci e ombre in mostra a Milano

Fino al 27 luglio, da 10 Corso Como, oltre cinquant’anni di ricerca del fotografo romagnolo attraverso una selezione di immagini iconiche e meno note curata da Alessandro Rabottini, per indagare la natura dell’ombra come luogo di relazione tra luce, spazio e tempo

Guido Guidi, Treviso, 1979, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Più passano gli anni e più l’opera di Guido Guidi rivela la sua natura di continua sperimentazione. Se fino a una decina di anni fa la sua poetica era confinata nell’ambito del «nuovo paesaggio italiano», le numerose pubblicazioni recenti hanno permesso di sondare con maggior profondità il suo archivio immenso, restituendoci la grande varietà di temi e il dialogo costante con la storia della fotografia. Ne è una nuova conferma, dopo la recente grande retrospettiva al MAXXI, la mostra «Da un’altra parte», curata con gusto e intelligenza da Alessandro Rabottini per 10 Corso Como a Milano. Il progetto propone una carrellata di immagini che attraversa tutta la carriera di Guidi, dall’inizio degli anni Settanta al 2023, soffermandosi sul tema dell’ombra, crocevia dove si intrecciano luce, spazio e tempo. Sono queste le tre coordinate entro le quali la fotografia si muove e all’interno di esse il linguaggio del medium può essere messo alla prova. A voler parafrasare l’imprescindibile serie di Ugo Mulas, la carriera di Guido Guidi è una «verifica» che non si è ancora conclusa. La selezione presentata a 10 Corso Como ci offre immagini singole e in piccoli nuclei, tratte da serie più estese, che qui provano a dialogare cercando di generare nuove relazioni poetiche. Ma che cosa significa per un fotografo porsi il problema dell’ombra? Essa, a ben vedere, non equivale al buio che, in quanto assenza completa di luce è di per sé invisibile al linguaggio della fotografia, ma qualcosa che si genera in relazione agli oggetti nello spazio e che si modifica nel corso del tempo. 
L’ombra, nell’opera di Guidi, appare in diversi modi, come del resto la luce che qui è quella della luna, lì è quella del sole, a volte è un colpo violento di flash, in altri momenti, invece, è una strana miscela di luce naturale e artificiale. A volte, l’ombra si posa su un muro, su un albero, su una strada o su un marciapiede. In alcune immagini nella penombra, una lama sottile di luce accarezza il volto di una bambina addormentata (è Anna, la figlia dell’artista). In alcuni momenti siamo di fronte a veri e propri «esperimenti», come quello svolto a Ruffio, il 4 dicembre 1977, dove Guidi fotografa per tre volte la stessa parete vuota, dove compare l’ombra di una finestra e dei rami di vegetazione fuori dalla stanza. Per ciascuno scatto, l’artista inserisce dell’inquadratura, in basso a destra, una lavagnetta su cui ha segnato l’orario dello scatto: «Ore 16,10», «Ore 16,20», «Ore 16,30». Sono le prove generali di quella che, sei anni dopo, diventerà una delle serie più iconiche di Guidi, Preganziol, dove l’esperimento è prolungato per diversi scatti, assumendo un effetto poetico struggente (l’opera, ora acquisita di recente dal Centre Pompidou di Parigi, non è in mostra).

 

Guido Guidi, Gorizia, 03.2004, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Guido Guidi, Cesena, Fiume 2007, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Ma ci sono diversi tipi di ombra. La più amata della storia della fotografia è quella di un oggetto che non è presente nell’inquadratura. Essa, da una parte, rompe l’incantesimo del fotografico, rivelando allo spettatore la parzialità dell’inquadratura. Dall’altra, paradossalmente, mostra la capacità del mezzo di parlare di ciò che non viene mostrato nel fotogramma. La fotografia soffre dell’irresistibile tentazione di «buttarla in filosofia», perché, in questo caso, l’ombra è anche la prova dell’esistenza di un corpo. Anche del nostro, di corpo. Di noi stessi. E allora ci ricordiamo degli autoritratti/ombra di Walker Evans datati «Parigi, 1927», ancor prima che l’autore di American Photographs scoprisse la propria vocazione per le immagini. E poi gli autoritratti iconici di Lee Friedlander, dove la sagoma dell’autore si intrufola nell’inquadratura, con la nonchalance di un dito dimenticato davanti all’obiettivo. Anche Guidi ama giocare a questo gioco. Sulla spiaggia o su una stradina qualunque, dove, oltre a sé, nell’inquadratura compaiono le proiezioni di alberi che si stendono sui muri, come in celebri scatti ancora di Evans, ma anche di Robert Adams. L’ombra proiettata è un topos della storia della fotografia, che l’artista di Cesena interpreta rendendo omaggio ai propri maestri. La mostra di Milano si diverte a proporre diversi scatti poco noti. Ma non poteva tralasciare un altro dei capisaldi dell’opera di Guidi: la sequenza dell’eclissi parziale di sole dell’11 agosto 1999. Lì, l’artista inquadra il muro del garage di casa sua, dove il raro evento astronomico ha trasformato l’ombra proiettata delle foglie in piccoli tagli di luce (un fenomeno già descritto da Aristotele). Guidi ha documentato l’apparire e lo scomparire dell’incantesimo, che il passare del tempo si è portato via. I corpi celesti, le rivoluzioni dell’universo, le grandi luminarie che segnano l’alternarsi del giorno e della notte, si mostrano, con la loro magia, su un muro di una qualsiasi casa di campagna (anzi, la «mia» casa, se la guardiamo dal punto di vista dell’autore).
 In questo caso, forse, si sarebbe potuta fare un’eccezione alla decisione di non presentare integralmente nessuna delle sequenze di origine. Quel giorno, infatti, Guidi ha scattato dodici lastre 20x25’’, pubblicate in Lunario (MACK, 2019). La prima è completamente nera, a causa di un errore, ma che l’artista ha deciso di inserire a pieno titolo nell’opera. È una scelta che dice bene della concezione performativa che Guidi ha dell’atto fotografico, che è un gesto allo stesso tempo intellettuale e fisico. Quella lastra nera, cioè non esposta, è l’immagine di quel buio assoluto, di cui si diceva che la fotografia non può dar conto, e di cui l’ombra è un memento che troviamo, poco o tanto, come metafora in tutte le fotografie.

Guido Guidi, Treviso 1978-79, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Guido Guidi, Cervia, 1978-79, © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Luca Fiore, 07 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Guido Guidi tra luci e ombre in mostra a Milano | Luca Fiore

Guido Guidi tra luci e ombre in mostra a Milano | Luca Fiore