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«Void Pavilion VI» (2018), di Anish Kapoor. Foto: Nobuada Omote. © Anish Kapoor. Tutti i diritti riservati, Siae, 2023

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«Void Pavilion VI» (2018), di Anish Kapoor. Foto: Nobuada Omote. © Anish Kapoor. Tutti i diritti riservati, Siae, 2023

Da Minini gli opposti s’incontrano

Paolini dialoga con Kapoor, e viceversa, in un percorso espositivo in cui i loro rispettivi linguaggi creano una zona di contatto inaspettata

Francesca Interlenghi

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Massimo Minini festeggia i cinquant’anni della galleria e Brescia Capitale della Cultura 2023, assieme a Bergamo, inaugurando una nuova mostra che mette in dialogo le opere di Anish Kapoor (Bombay, 1954) con il percorso già strutturato da Giulio Paolini (Genova, 1940) a partire dallo scorso novembre. Una doppia personale, visibile fino al 3 maggio, che è l’occasione di incontro tra due grandi artisti, appartenenti a generazioni diverse e apparentemente distanti tra loro, che hanno affrontato tematiche simili approdando ad esiti formali differenti.

La poetica rarefatta di Paolini, la cui ricerca si presenta anche come un’operazione di azzeramento, di riduzione agli elementi primari del linguaggio, incontra le forme curve, acute, ovali e rotonde di Kapoor che, con le loro superfici riflettenti, sembrano sfidare la logica percettiva svelando dimensioni spaziali nascoste. Pieno e vuoto, bianco e nero, «eros e thanatos» si rincorrono idealmente nello spazio espositivo senza elidersi, ma piuttosto creando una terra di mezzo dove l’idea di presenza e assenza, di materiale e immateriale acquista altra connotazione, implicito suggerimento a guardare al di là del mondo contingente.

«Al pari di tutte le grandi intuizioni anche questa è avvenuta per caso», racconta Massimo Minini al Giornale dell’Arte. «Ricordo che una sera, dopo la chiusura della galleria, me ne stavo da solo e tranquillo davanti alle opere di Giulio (Paolini ndr), senza pensare a niente, come quando ascolti la musica, con lo stesso atteggiamento, perché in fondo guardare le opere è come ascoltare la musica. Sono le opere che guardano te e non tu che guardi loro. Bisogna stare davanti a un lavoro senza pregiudizi, lasciarlo parlare per poterlo decodificare e perché, carico delle intenzioni dellartista, le possa restituire in qualche modo. Guardavo la mostra e pensavo fosse davvero un peccato smontarla. E allora mi son detto: quasi quasi lo chiedo a entrambi, a Paolini e a Kapoor, di fare un progetto insieme. E quando gliel’ho proposto tutti due ne erano entusiasti. Si tratta di artisti la cui indagine ha dei punti in comune e dei punti di contrasto, si negano e si chiamano, si amano e si odiano».

Insomma, un’apparente dicotomia che in realtà è una somma di visoni. L’opera bianca di Paolini, iniziata con «Disegno geometrico» (1960), una tela candida segnata solo dalla squadratura lineare come luogo di ogni possibile rappresentazione, si imbatte nell’opera nera di Kapoor, che sembra assorbire la luce come una sorta di buco nero.

Ed è proprio nella «coniunctio» di luminosità e di tenebre «che si ricompone quella metafora che alla fine chiamiamo vita», conclude Minini. «La metafora è un trasporto di significato che qui diventa l’incontro tra due universi di pensiero e dà vita a un gioco,il gioco della vita, oppure, se preferite, il mestiere di vivere».

«Void Pavilion VI» (2018), di Anish Kapoor. Foto: Nobuada Omote. © Anish Kapoor. Tutti i diritti riservati, Siae, 2023

Una veduta della mostra di Giulio Paolini, «Momenti della verità» alla Galleria Massimo Minini, Brescia (novembre 2022-gennaio 2023). Cortesia dell’artista e della Galleria Massimo Minini. Foto: Petrò Gilberti

Francesca Interlenghi, 21 febbraio 2023 | © Riproduzione riservata

Da Minini gli opposti s’incontrano | Francesca Interlenghi

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