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Al Vittoriano 150 opere sue e di colleghi
- Federico Castelli Gattinara
- 04 marzo 2017
- 00’minuti di lettura


Boldini non è solo glamour
Al Vittoriano 150 opere sue e di colleghi
- Federico Castelli Gattinara
- 04 marzo 2017
- 00’minuti di lettura
Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliNon sono mancate negli ultimi anni importanti rassegne su Giovanni Boldini (Ferrara, 1842-Parigi, 1931), tra i più noti, amati e richiesti Italiens de Paris a cavallo tra Otto e Novecento, basti ricordare la mostra del 2015 ai Musei di San Domenico di Forlì o quella che lo ha portato per la prima volta in Cina e in Russia, ancora all’Ermitage (fino all’11 marzo).
A Roma, dove lo si era visto sette anni fa al Chiostro del Bramante, ritorna dal 4 marzo al 16 luglio al Complesso del Vittoriano con una mostra prodotta e organizzata da Arthemisia con la Fondazione Foedus e curata da Tiziano Panconi, autore nel 2002 del catalogo generale, e da Sergio Gaddi: 150 opere tra oli e pastelli dell’artista ferrarese e di altri suoi colleghi del tempo, oltre a una piccola scelta di disegni e incisioni. Boldini non è solo quello dei capolavori più noti, tra quelli esposti i due ritratti di Giuseppe Verdi e una serie di dame elegantissime e sensuali, vere eroine della Belle Epoque, come l’aristocratica cilena Emiliana Concha de Ossa e la contessa sua amante Gabrielle de Rasty. Esiste un corpus consistente diverso dal glamour dell’alta società parigina, fatto di paesaggi, piccoli dipinti, quadri di genere, scene cittadine e altro.
Fin dai tempi di Firenze, dove approda nel 1864, Boldini è attento alle novità allora rappresentate dai macchiaioli, frequenta Castiglioncello e Piagentina, il critico Diego Martelli, i pittori Signorini, D’Ancona, Banti (in mostra «Adelaide Banti in abito bianco» e «La famiglia Banti»), Fattori e il ritrattista Michele Gordigiani. A Parigi si trasferisce nel 1871 e, dopo gli anni della Maison Goupil a cui è dedicata una sezione, raggiunge l’apice della carriera: il suo stile veloce e vibrante, i suoi ritratti a olio o pastello talvolta venati di malinconia o di ironia, fanno impazzire i salotti aristocratici e altoborghesi che frequenta.
In mostra arrivano anche opere mai o raramente viste, tra cui «La tenda rossa» e «Berthe che legge la dedica su un ventaglio», oltre a tele di Banti, Corcos, De Nittis, Mancini, Sargent, Signorini, Tissot, Zandomeneghi e altri. Nel catalogo Skira (ma non in mostra) anche 4 schizzi inediti datati 1906-21 e una quarantina di lettere inedite a Telemaco Signorini.