Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliConclusasi la Biennale di Architettura di Venezia 2023, una mostra all’Accademia delle Arti-AdK intitolata «The Great Repair» (fino al 14 gennaio) si propone come una continuazione dei temi che il Padiglione della Germania ha affrontato a Venezia. Realizzato interamente con materiali di scarto della Biennale Arte 2022, lo spazio tedesco, curato da un team di esperti facenti capo al prestigioso trimestrale di architettura «Arch+», vi aveva presentato un’installazione dedicata ai temi della cura, riparazione e manutenzione, trasformato nel prototipo di un’infrastruttura produttiva basata sui principi del riuso e della ricostruzione circolare, indispensabili strumenti di un nuovo modo di fare architettura garante di sostenibilità ecologico-ambientale e soprattutto sociale.
Nella mostra berlinese che «Arch+» ha curato insieme ad AdK, Politecnico di Zurigo e Università del Lussemburgo, il discorso è stato allargato all’analisi dell’attuale emergenza climatica e delle sue interconnessioni con le crisi sociali del nostro tempo (migrazioni come fenomeno postcoloniale, cancellazione delle minoranze) presentando oltre 40 progetti di «riparazione». L’edilizia è responsabile del 38% dei gas serra nel mondo, della perdita di risorse e di biodiversità, perciò, sostiene «The Great Repair»: «Bisogna smettere di demolire gli edifici per sostituirli con nuovi, apparentemente sostenibili, e lavorare col preesistente tanto a livello materiale quanto di attori in gioco».
Il modello classico di architettura sostenibile è superato: la conservazione di edifici e infrastrutture già esistenti non è solo un compito ecologico per il futuro ma anche sociale. Bisogna perciò riconoscere il giusto merito a figure professionali nascoste, solitamente vittime di disuguaglianze sociali, come ad esempio il personale di pulizia degli edifici che quotidianamente se ne prende cura. Per dirla con le parole dell’architetto Yoshiharu Tsukamoto: «Tools to the People!», più strumenti per tutti.
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