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Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliMamduh Eldamaty è diventato ministro delle Antichità il 17 giugno scorso dopo avere ricoperto la carica di consigliere culturale presso l’Ambasciata egiziana di Berlino
In precedenza era stato preside della facoltà di Lettere dell’Università di Ain Shams e, dal 2001 al 2004, aveva diretto il Museo Egizio del Cairo. Eldamaty è uno degli egittologi egiziani più noti al mondo soprattutto per i suoi studi sul I millennio a.C. e per il suo interesse per la museografia. È persona decisa e attiva che non esita a sporcarsi le mani, così come ha dimostrato nel settembre scorso quando, per sensibilizzare la popolazione sull’importanza di mantenere puliti i monumenti, non ha esitato a dare l’esempio mettendosi a spazzare alcune vie del Cairo islamico. Nel corso di un amichevole incontro nel suo ufficio a Zamalek ci ha rilasciato questa intervista.
Quali sono i maggiori problemi che si è trovato ad affrontare in questi primi mesi come ministro delle Antichità?
Prima della rivoluzione avevamo avviato numerosi grandi progetti soprattutto relativi all’apertura di nuovi musei. Abbiamo dovuto rallentare il passo su molti di questi a causa di una drastica diminuzione delle risorse finanziarie. In alcuni casi, come per il Museo Greco-romano di Alessandria, siamo stati costretti a fermarci. Molti monumenti, siti e musei hanno subito danni durante e nei mesi successivi alla rivoluzione. Ho preso in mano il lavoro dei miei predecessori, lo proseguo cercando soprattutto di convogliare nuovamente l’interesse del mondo sul nostro patrimonio culturale. Abbiamo aperto e stiamo aprendo nuovi siti e monumenti e mi interessa anche far capire che la situazione di crisi può considerarsi superata.
Tra i progetti di maggiore prestigio e impegno economico c’è quello del Grand Egyptian Museum di Giza. Di recente alcuni mezzi di informazione hanno parlato di un’apertura entro quest’anno. Che cosa c’è di vero?
Si tratta di notizie prive di ogni fondamento. Fare previsioni ora è molto difficile. Si tratta di un impegno superiore al miliardo di dollari dei quali, per il momento, abbiamo soltanto una piccola parte, messa a disposizione dal Giappone. La somma più cospicua verrà naturalmente coperta dal Governo egiziano e siamo in discussione per ottenere un ulteriore prestito dal Giappone. Ottimisticamente parlando abbiamo in previsione di arrivare a una prima apertura parziale alla fine del 2016 e a quella finale nel 2018. La strada è ancora lunga.
Il turismo stenta a decollare perché l’Egitto è considerato ancora un Paese insicuro e a rischio di terrorismo. È vero?
L’Egitto ha vissuto momenti molto brutti, ma lo stato di insicurezza si è sempre concentrato nelle città e in alcune aree del Paese, come il Medio Egitto (la distruzione del museo di Mallauy lo dimostra), dove la tensione sociale è da anni fonte di attriti anche molto violenti. Nel nord del Sinai la situazione è ancora diversa. Le sacche di terrorismo che si registrano in quell’area sono il risultato di una situazione geo-politica complessa ed esplosiva. Quello che vi succede ha più a che fare con i problemi del Medio Oriente che con quanto succede nel resto dell’Egitto. Il Paese è tranquillo e il turismo è in netta ripresa. Hurgada e Sharm el-Sheikh registrano il tutto esaurito e il mese di novembre è stato contrassegnato da una certa ripresa dell’afflusso di visitatori anche a Luxor e Assuan.
Circolano numerose notizie su furti di antichità e danneggiamenti di monumenti. Com’è cambiata la situazione prima e dopo la rivoluzione del 2011?
Non c’è mai stato un reale cambiamento da questo punto di vista. Furti di antichità venivano registrati anche prima del 2011. È chiaro che, all’indomani dei moti del gennaio 2011, venendo meno il controllo della polizia e in un clima di instabilità e rivoluzione, si sono registrati episodi clamorosi come il danneggiamento del Museo islamico del Cairo e di quello di Mallauy. Come però ho già detto stiamo ora tornando alla normalità. La polizia ha ripreso il controllo della situazione e certi episodi sono destinati a non ripetersi.
Che cosa ha intenzione di fare per migliorare la protezione di siti e monumenti?
Stiamo lavorando soprattutto a sensibilizzare maggiormente la popolazione sull’importanza che può avere per tutti il nostro patrimonio culturale. L’Egitto ha però anche bisogno dell’aiuto dei media mondiali e mi auguro che seguano quanto da questo punto di vista stiamo facendo con la medesima attenzione che attribuiscono a ogni nuova scoperta che viene compiuta quotidianamente sul suolo egiziano.
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