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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliUna trentina di opere recenti su tela, carta e legno di Fathi Hassan (Cairo, 1957) sono in mostra dal 20 settembre al 3 novembre nella sede milanese dell’Aica - Andrea Ingenito Contemporary Art.
L’artista nubiano, muovendo dalla sua formazione europea, ripropone un confronto con la cultura africana, aspirando a una sintesi che possa tenere insieme gli stimoli artistici delle proprie radici con quelle dell’occidente. Dalla Nubia (regione che si estende tra Egitto e Sudan), Hassan si trasferì in Italia nel 1979 per studiare all’Accademia di Belle Arti di Napoli. In città collaborò con il gruppo teatrale d’avanguardia Falso Movimento e frequentò la galleria di Lucio Amelio, conoscendo, tra gli altri, Richard Long, James Brown, Joseph Beuys, Mimmo Paladino e Nino Longobardi, prima di trasferirsi nelle Marche.
La mostra milanese, intitolata «Slavery», ribadisce la direzione intrapresa da Hassan che utilizza la scrittura e le immagini come segni visivi capaci di dare fisicità alla cultura orale e di assicurarne la trasmissione e la sopravvivenza. Le sue opere appaiono come una sorta di ricamo costituito dalla calligrafia mediorientale con cui l’autore riesce a rendere visibili i suoni, i canti e i racconti. Queste nuove tracce formano una sorta di partitura, data attraverso segni leggeri che non imprigionano la scrittura ma la rendono libera come la cultura orale rende libere le parole.
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