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Francesco Scoppola
Leggi i suoi articoliNon si respira, non si beve, non si mangia ma serve a vivere e non basta mai. Parliamo di arte e cultura, cibo per il pensiero senza il quale i soli nostri corpi sarebbero vuoti e inutili. La cura (delle persone e delle cose), l’agricoltura e la cultura (cioè salute, alimentazione e istruzione) sono il tripode della nostra esistenza: tre gambe strettamente legate e connesse che non restano in equilibrio se ne manca una.
Il precetto «Mens sana in corpore sano» come quello «Ora et labora» riassumono i bisogni primari della vita.
Del resto quasi cinquemila anni fa il primo soprintendente, per quel che ne sappiamo, era medico, vasaio, intenditore delle arti e scriba, addetto ad azioni creative e conservative al tempo stesso. Dalla cura dei canali per l’irrigazione a quella del lustro delle città e delle residenze reali. Dagli archivi ai progetti.
Già in passato dei presìdi sono stati approntati a difesa dell’arte nei casi di conflitto armato: accanto alla salvezza dei vivi si cercava anche quella delle testimonianze dei predecessori. Vi sono stati talora segnali addirittura premonitori: le opere d’arte, che sono più fragili e sensibili di noi, ci hanno avvertito in anticipo di pericoli e insidie che abbiamo percepito prima su di loro che su noi stessi.
Ad esempio i danni recati dallo smog sono stati avvertiti prima sui marmi antichi e dopo sui nostri polmoni. L’eccesso di affollamento era stato anticipato sul Giornale dell'Arte in prima pagina sin dal giugno scorso con il titolo: «Allarme mondiale: pandemia di turismite». Non stupiscono il disorientamento e lo sconcerto nel quale questa improvvisa emergenza sanitaria possa aver gettato i cultori delle arti. Non solo per motivi di lavoro o di mercato.
Chi ama l’arte non può rinunciare a condividerla, per farla vivere e per vivere meglio. Il nuovo necessario galateo della prudenza e della distanza non deve farci perdere, ma anzi impone di riscoprire l’idea di fraternità, di comunità e di società civile: «Fisicamente lontani ma umanamente vicini», per dirla con le parole di Andrea La Regina.
Quello che questo piccolissimo virus sta rivoluzionando in tutto il mondo sotto il profilo culturale è un imperativo: rivedere le priorità. La distinzione tra cose essenziali e cose inessenziali, il discernimento tra interessi generali e cose indivisibili, come la salute d’insieme, e interessi particolari e cose divisibili, come il commercio.
Un discorso di governo importante, addirittura cardinale, tra i tanti che si sono ultimamente uditi e letti, perché non afferma più il primato dell’interesse pubblico in senso statalista in opposizione ai pur legittimi interessi privati, ma come responsabilità d’insieme. Benché siano il più delle volte invisibili o impercettibili, esistono i beni indivisibili, alla conservazione dei quali tutti dobbiamo concorrere.
A metà marzo Emmanuel Macron ne ha chiaramente indicato la priorità. Conviene riportarne qui le parole, liberamente tradotte: «Dovremo domani trarre la lezione dal presente che stiamo attraversando, interrogare il modello di sviluppo nel quale siamo ingaggiati da decenni e che svela alla resa dei conti le sue falle, interrogare la fragilità delle nostre democrazie. Quello che questa pandemia già rivela è che le azioni per la sanità gratuita senza condizioni di ricavo, senza distinzioni di provenienza o di professione, per il nostro sistema statale assistenziale non sono costi o gravami e oneri, ma beni preziosi, risorse indispensabili quando il destino bussa alla nostra porta. Quello che questa pandemia rivela è che si tratta di beni e servizi che devono essere collocati al di fuori delle leggi di mercato. Delegare ad altri e non amministrare noi stessi la nostra alimentazione, la nostra protezione sanitaria, la nostra salute, la nostra capacità di curare in profondità il nostro quadro complessivo di vita è una follia. Dobbiamo riprenderne il controllo, costruire più ancora di quanto già non facciamo una Francia e un’Europa sovrane, una Francia e un’Europa che tengano fermamente in mano il loro destino. Le prossime settimane e i prossimi mesi richiederanno decisioni di rottura in questo senso. Le assumerò».
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