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Mitica Mita

Anna Orlando

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Bozzetti, disegni, cartoni e schizzi ricostruiscono l’attività di una celebre manifattura alimentata dalle idee di Depero, Gio Ponti, Sironi, Sottsass, Costantini e Carmi

Ci sono passati in tanti, artisti e designer tra i più noti del Novecento italiano, nei laboratori della Mita (Manifattura Italiana Tappeti Artistici) a Genova Nervi. Grandi telai in ariosi spazi razionalisti progettati da Luigi Carlo Daneri lavoravano a ritmo incessante per restituire su stoffa i disegni dei maestri. Sfilano nomi celebri nella mostra «La trama dell’arte. Design, moda e architettura nella produzione della Mita (1927-1976)», allestita nella suggestiva Loggia degli Abati del Palazzo Ducale di Genova dal 25 marzo al 19 giugno. Gio Ponti, Fortunato Depero, Arturo Martini, Mario Sironi, Arnaldo Pomodoro, Emilio Scanavino ed Ettore Sottsass. E ovviamente i liguri Oscar Saccorotti, Paolo Rodocanachi, Emanuele Rambaldi, Eugenio Carmi, Flavio Costantini ed Emanuele Luzzati.

Il materiale è molto vario e attinge dall’archivio degli eredi di Mario Alberto Ponis, il geniale inventore che nel 1927 fondò la Manifattura Italiana Tappeti Artistici (poi Tessuti Artistici). In comodato dalla fine degli anni Novanta alla Wolfsoniana, sempre a Nervi, è affidato alle cure dei suoi storici dell’arte Matteo Fochessati e Gianni Franzone, autori di questa insolita rassegna che restituisce, al di là della storia e dei documenti, il sapore squisito di un’epoca vissuta con l’imperativo del bello e dell’utile sempre a braccetto, come documenterà anche il volume edito da Sagep che seguirà la mostra. Gli uffici di Ponis si trasformarono naturalmente in un circolo artistico sui generis, e l’imprenditore si ritrovò collezionista. Dalla sua raccolta personale, oltre che dal ricco archivio, giungono bozzetti, disegni, cartoni e schizzi.

Il mondo variopinto che questo materiale aiuta a ricostruire apre finestre sulle diverse tendenze del gusto: uno strascico di Futurismo, molto Razionalismo, l’impegno delle opere presentate  alle Triennali di Milano, il raffinato gusto un po’ snob degli ambienti milanesi legati alla rivista «Domus» tra le due guerre, con Gio Ponti in prima fila, per passare agli entusiasmi del dopoguerra. Fino agli intensi anni Settanta, quando arte e ideali s’intrecciavano come le trame e l’ordito degli arazzi che uscivano dalla Mita. E si fondevano come le forme e i colori dei meravigliosi foulard prodotti come oggetti promozionali commissionati da altri imprenditori illuminati. Uno per tutti Angelo Costa, armatore della «Eugenio C.» e della «Carla C.», dai cui saloni provengono due grandi arazzi. Nessuna volontà di inseguire una moda o una tendenza. I protagonisti di questa storia ricordano l’importanza di diffondere il gusto per uno spazio vissuto nel quotidiano, domestico, di lavoro o di svago, purché rivestito di bellezza. 

Anna Orlando, 23 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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