Edek Osser
Leggi i suoi articoliRoma. Quando questo numero sarà in edicola, il ministro Dario Franceschini avrà iniziato ad attuare la «sua» riforma del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e de Turismo (Mibact): «Il Giornale dell’Arte» continuerà a seguirne gli sviluppi con aggiornamenti su ilgiornaledellarte.com. Salvo sorprese, sarà stato deciso il nuovo organigramma e si conosceranno i nomi dei 12 direttori generali della struttura centrale del Mibact a Roma, già definita da molti pletorica e accentratrice. Forse avremo anche idee più precise su come potrà funzionare il sistema, semplificato e ridotto, delle Soprintendenze sul territorio, capiremo se sarà davvero utile avere poli regionali con poteri attenuati, si potrà valutare se il taglio di 37 dirigenti, richiesto dalla «Spending review» e applicato con la Riforma, sia stato troppo gravoso. Insomma cominceremo a conoscere il volto del Ministero che sta nascendo.
La Riforma è ufficialmente partita il 10 dicembre 2014, dopo il via libera definitivo della Corte dei Conti. Varata a fine agosto tra critiche, perplessità e proposte (non accolte) per cambiarne i punti più controversi (e da «Il Giornale dell’Arte» già più volte illustrata e commentata), si sta ora realizzando. Non vi sono state consultazioni con i dirigenti interni al Ministero, come molti di loro avevano chiesto. Il ministro Franceschini ha voluto evitare che le tante contestazioni ma anche i tanti suggerimenti «costruttivi» portassero a ritardi e a cambiamenti nell’impianto della Riforma. Intanto, il suo primo atto è stato l’annuncio del «decreto musei», il bando internazionale che porterà alla scelta di direttori-manager nei 18 musei e dei 2 siti archeologici di maggiore importanza per il Paese.
Sta andando verso una soluzione anche il problema delle concessioni ai privati dei servizi al pubblico nei musei dello Stato. Da anni si aspetta che questo nodo venga sciolto. I risultati economici sono stati deludenti per tutti, Ministero e imprese, a causa di gare concepite senza una visione strategica del problema, spesso male impostate e quindi bloccate da sentenze dei Tar, del Consiglio di Stato e da un groviglio di interessi contrapposti. Finora, il Ministero non è riuscito a varare le nuove linee guida per queste gare e riavviare un meccanismo inceppato. Per uscire dallo stallo, Franceschini ha deciso di affidarsi alla Consip, la società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che si occupa di «consulenza, assistenza, supporto per l’acquisto di beni e servizi della Pubblica Amministrazione»: tra le decine di gare recenti sono, per esempio, quelle per «derrate alimentari», «buoni pasto» e, nei servizi, per la «gestione dell’archivio del ministero della Salute». Non si è mai occupata di musei. La Consip promette di trasformare i servizi aggiuntivi in strutture ultra efficienti che dovrebbero incassare più di 2 miliardi di euro all’anno: un miraggio se paragonati ai 380 milioni di oggi (dei quali poco più del 10 per cento va allo Stato). Un salto di qualità per il Mibact, oppresso da un disperato bisogno di soldi. I privati dei servizi dovrebbero anche portare nei musei investimenti e nuove tecnologie. In ogni caso ci vorrà tempo: la Consip è al lavoro (si spera con la consulenza di qualche esperto) tra la perplessità degli addetti ai lavori. Vedremo con quali risultati. I nuovi bandi di gara sono attesi a febbraio. Per ora la Consip chiede fiducia con lo slogan della sua «mission»: «Realizziamo il sogno di fare la differenza».
Altri articoli dell'autore
Il mausoleo dedicato al «più sanguinario assassino del colonialismo italiano» appena fuori Roma è criticato da molti, ma rimane
Si dà la precedenza agli oggetti per cui sono arrivate le richieste dagli etiopi, per ora senza grandi successi
L’eccidio e saccheggio di Debre Libanos in Etiopia fu «il più grave crimine dell’Italia». Oggi con difficoltà si cerca di rimediare all’«amnesia collettiva» che ha cancellato la memoria dell’ordine di sterminio illimitato per il quale il colonialismo italiano si macchiò dell’infamia più vergognosa. Ora si impone la complicatissima ricerca di opere e oggetti razziati o ricevuti in dono, andati dispersi. Dove sono?
Era il marzo 1974 quando dagli scavi della necropoli sarda affiorarono 16 pugilatori, 6 arcieri e 6 guerrieri: 44 sculture in frammenti. Stanziati ora 24 milioni di euro per nuovi cantieri e ricerche nella penisola del Sinis