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Alla Fondazione Memmo un ciclo di mostre che allude a Filippo Tommaso Marinetti
- Federico Castelli Gattinara
- 15 dicembre 2018
- 00’minuti di lettura


Rebecca Digne «American Night 2», 2009
Lottatori per la bellezza
Alla Fondazione Memmo un ciclo di mostre che allude a Filippo Tommaso Marinetti
- Federico Castelli Gattinara
- 15 dicembre 2018
- 00’minuti di lettura
Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliDal 16 dicembre al 10 marzo torna «Conversation Piece», un ciclo di mostre curato da Marcello Smarrelli alla Fondazione Memmo, questa volta con una frase di Filippo Tommaso Marinetti dal Manifesto del Futurismo (1909) per sottotitolo: «Non v’è più bellezza, se non nella lotta». Si allude in questo modo al lavoro d’artista come presa di posizione politica e intellettuale: è il caso di Marinella Senatore, Julian Rosefeldt e Invernomuto, ma anche come manifestazione più interiore, come per Rebecca Digne.
Il ciclo, alla sua quinta tappa, sceglie artisti italiani e stranieri residenti a Roma, come Marinella Senatore, o che a Roma frequentano accademie straniere, come Rosefeldt all’Accademia tedesca, Digne a quella francese e Invernomuto da marzo prossimo a quella americana. L’idea di «manifesto» è vissuta in senso più letterale nelle opere di quest’ultima, il cui lavoro è da sempre politico e impegnato. Nella Fondazione Memmo espone stendardi con frasi che invitano a resistere e a lottare, messaggio ribadito da «Protest Bike» con megafoni incorporati.
Rosefeldt è partito dalla suggestione del monumento equestre e della vecchia destinazione d’uso degli spazi della Fondazione come le scuderie di Palazzo Ruspoli. Il lavoro, insolito per lui, più noto per i video, porta quattro cavalli veri (solo per l’inaugurazione) coperti da gualdrappe che rimarranno su appositi sostegni, con articoli della Costituzione italiana scritti sopra. Invernomuto stampa in centinaia di copie, tipo fanzina asportabile, una grafic novel-manifesto sulla storia del culto Rastafari, donata da un anziano rasta durante le riprese in Giamaica di un loro progetto. Di segno più intimista le sculture e il video della Digne, che lega la linea di costa da Napoli a Marsiglia (due luoghi della sua infanzia) con lunghi tratti di fune, un fil rouge biografico.

Rebecca Digne «American Night 2», 2009