Caro Gaggero,
Sicuramente in queste casette abiteranno due gemelli che hanno gli stessi gusti, la stessa veduta (purtroppo è l’autostrada) e le stesse esigenze spaziali. La coppia di villette non possiede altro fascino che questa specularità, poiché i loro contorni, marcati vistosamente come loculi, sono geometricamente semplici e inoffensivi e nessuna sporgenza altera i contorni del tetto, come farebbe un bambino quando gli chiedi di disegnare una casa. In compenso questa semplicità rasserena e in più si ha la sicurezza che qualsiasi anomalia o disfunzione registrata in una metà del complesso, possa essere risolta andando a vedere che cosa accade nell’altra metà.
Luccardini

Caro Luccardini,
Abbiamo perso la tipologia. Pare non si sia più trovata. Premesso che tipologia è termine desueto, veteroarchitettese, il modo più semplice per spiegarlo è che quando in un certo posto, in un certo «luogo», dopo qualche centinaia di anni, mettendo insieme le esperienze di tutti, usando i materiali che si trovano più facilmente e il contributo di qualche muratore geniaccio (che c’è sempre) e anche un briciolo di imprevisti, si finisce che le case vengono più o meno in un certo modo. D’accordo, ci sono le case importanti, quelle povere, quelle che si accostano l’una all’altra e quelle che tendono a isolarsi, però tutto avviene, avveniva (?) in un certo modo. C’è chi riesce anche ad affermare, semplicemente guardando una casa: qui siamo a Venezia, a Firenze, a Bruges, ad Alkmar oppure in Baviera o a Tunisi. Incredibile! I gemelli della foto si arrangiano come possono, almeno in due ci sono. Sono il tipo edilizio di Asti via tal dei tali. Ma forse mi sbaglio. Non è che si è perso il tipo. Semplicemente si è moltiplicato, moltiplicato, moltiplicato… Chissà se un insieme di supercalcolatori in rete produrrà in futuro la sintesi tra tutte le tipologie edilizie della globalizzazione: una casetta in mattoni e un sacchetto di spazzatura e rottami.
Gaggero