
Giorgio Guglielmino
Leggi i suoi articoliNel corso di un’intervista l’artista scozzese Karla Black ha affermato di dare un titolo alle sue opere solo dopo averne terminato l’esecuzione. È curioso quindi che questo pezzo si intitoli «Not over» e cioè «Non finito». Nel momento in cui l’artista riteneva terminata l’esecuzione dell’opera, la stessa artista la definiva «non terminata».
Se poi proviamo a toccare e muovere la scultura ci rendiamo conto anche di una seconda apparente contraddizione. La struttura, che sembra di cemento e quindi ben piantata per terra, è invece di un materiale estremamente leggero che si sposta letteralmente con due dita (è fatta di quella sorta di spugna verde rigida che i fiorai usano per infilare i gambi dei fiori nelle composizioni floreali).
Ci spaventiamo quasi nel renderci conto che un tocco meno leggero del previsto quasi potrebbe far rotolare a terra la struttura. Forse lo stesso nome Karla Black si presta a essere frainteso, chi non la conosce potrebbe pensare al nome d’arte di una cantante afrocubana.
A me tutte queste contraddizioni paiono belle e divertono perché uno dei piaceri nel guardare le opere d’arte è proprio quello di farci sorprendere e anche strapparci un sorriso.
Karla Black gioca molto sulle contraddizioni e soprattutto sul concetto di leggerezza/pesantezza costruendo anche complesse installazioni che paiono fermi immagine di nuvole in movimento. Di lei, che a New York lavora con David Zwirner e in Italia con Raffaella Cortese, sentiremo molto parlare.
Anche perché la sua capacità di stupirci è…«Not over»!
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