Edek Osser
Leggi i suoi articoliInizia una nuova vita per Ales. La società al 100% proprietà Mibact, con oltre 700 dipendenti, oggi si è ingrandita e annuncia una sua presenza sempre più forte nel settore dei servizi per i beni culturali. Rottamati i vertici della società, messo da parte anche l’ex amministratore Giuseppe Proietti, già segretario Generale del Mibact, ora il Ministero ha nominato un Cda di impronta «tecnica». Amministratore delegato è Mario De Simoni, già direttore generale dell’Azienda Palaexpo di Roma, con lui Debora Rossi (direttrice risorse umane alla Biennale di Venezia) e Marco Macchia, 40 anni, avvocato esperto in diritto amministrativo, docente universitario.
Per «ottimizzare e razionalizzare» le funzioni di supporto al Ministero, Ales (circa 40 milioni a bilancio, dal 2011 in crescente attivo) ha incorporato anche Arcus, l’altra società 100% Mibact. Arcus ha un personale molto ridotto ma specializzato (una quindicina di persone), una cassaforte che per legge dispone del 3% delle spese statali per infrastrutture e grandi opere e che spende, da statuto, in «arte, cultura e spettacolo». Oggi amministra anche i proventi dell’ArtBonus, che ha fruttato finora una settantina di milioni. Unificate, Ales e Arcus sono quindi una grossa realtà del settore, che in tutto amministra circa 200 milioni. Per ora dovrebbero continuare a svolgere i loro compiti, integrandoli e moltiplicando le capacità di intervento.
Ales e Arcus: entrambe sono partite male, tra critiche ed errori, senza una vera pianificazione e senza una mission ben definita. Ales nel 1997 per sistemere alcune centinaia di «lavoratori socialmente utili», Arcus nel 2004 come strumento per sostenere «in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali»: in realtà nei primi anni ha distribuito a pioggia, senza nessuna trasparenza, centinaia di milioni, spesso con fini clientelari. Per questo ha subito forti critiche anche dalla Corte dei Conti. Negli ultimi anni i finanziamenti di Arcus sono assai più controllati (anche il Consiglio superiore dei Beni culturali ha poteri di indirizzo sui suoi progetti). Nel 2011 Arcus e soprattutto Ales sono state censurate dall’Autorità di Vigilanza sui Servizi Pubblici che si è richiamata anche al rischio che venissero alterate le norme europee sulla concorrenza. Ales si è però sempre occupata di servizi con personale d’ordine: guardiania, sorveglianza, manutenzione, pulizia, giardinaggio ecc. in musei, siti archeologici e palazzi del Mibact. Per ora non ha personale di profilo specialistico, quindi si limita all’esecuzione di compiti operativi per integrare il personale spesso carente del Mibact. Ma le cose stanno cambiando.
I programmi sono molto ambiziosi, come ha più volte detto il ministro Franceschini. Si tratta di dare piena operatività allo Statuto del 2011, mai applicato in pieno ma confermato e ampliato a marzo per adattarlo alla nuova struttura societaria. Lo Statuto contiene infatti un lungo elenco di compiti che Ales intende svolgere, in Italia e all’estero. Potrà farlo con il suo personale (quindi direttamente su incarico del Mibact) o attraverso gare pubbliche. L’elenco comprende tutto ciò che riguarda i servizi aggiuntivi e non solo: gestione di musei, siti archeologici e biblioteche, centri di ristoro, bookshop, attività editoriali di ogni genere, mostre, merchandising, attività di formazione, comunicazione, call center, ricerche, consulenze e (ora che è stata assorbita Arcus) anche tutela e recupero di beni culturali, progetti di restauro, esecuzione di campagne di scavi, fundraising, pubblicità. E la lista può continuare.
Insomma Ales potrà intervenire a largo spettro su ogni aspetto dei beni culturali, con poteri e facoltà speciali. Infatti il Mibact può affidare direttamente alla sua società «in house» i servizi di cui ha bisogno senza gare pubbliche, come deve invece avvenire per le società private. Sembrerebbe una competizione impari. Ci si chiede: che fine faranno le società private che finora hanno gestito tutti i «servizi aggiuntivi» del Ministero? Da anni sono in stallo, agiscono in regime di proroga in attesa di imminenti e sempre rinviate nuove gare, quelle messe a punto dalla Consip nel 2015 su incarico del Mibact. Il Ministero aveva più volte invocato un rapporto più stretto con le imprese private del settore, indicando i servizi aggiuntivi come elemento indispensabile al rilancio di siti archeologici e musei. Pare proprio che la strategia sia cambiata: entra in gioco Ales, la grande società dello stesso Ministero. Che cosa succederà? Oggi, per esempio, ognuno dei superdirettori dei 30 musei «autonomi» (i 20 iniziali a cui si sono aggiunti altri musei archeologici) potrebbe scegliere la gara pubblica (quando ci sarà) rivolta alle società private che agiscono nel settore oppure l’affidamento diretto alla nuova Ales tramite Mibact. Franceschini lo ha dichiarato: vuole creare subito una struttura forte, simile a quella della Réunion des musées nationaux francese. È vero che Ales non è ancora all’altezza del compito, ma intanto si prepara: primo passo, creare una divisione che si occuperà soltanto dei servizi aggiuntivi.
Per adesso ad Ales mancano personale, «competenze», esperienza, know how. Tutte cose che non si improvvisano. Ma se non potrà rispondere direttamente alle richieste del Ministero «ottimizzando» il personale disponibile, potrà proporre al Mibact di lanciare un bando pubblico. In questa vicenda Ales parte in vantaggio e gioca in casa: è una società formalmente privata che può agire come una società pubblica con il supporto diretto del Ministero. Nel campo della riforma dei servizi aggiuntivi, quella che pareva una collaborazione tra Mibact e privati minaccia di diventare una guerra. L’ingresso in campo di Ales, temono le imprese private del settore, minaccia il mercato e i meccanismi della concorrenza. La volontà di Franceschini è del resto dichiarata: non ha nulla contro i privati, ma vuole creare una forte struttura pubblica, uno strumento flessibile a disposizione del Ministero che entri in competizione con gli attuali concessionari in un mercato asfittico (ora vale appena 200 milioni), che Franceschini giudica poco funzionale e monopolizzato da pochi attori. Tra non molto si scoprirà la strategia di Ales. Forse comincerà a intervenire in musei e siti minori poco appetibili, ma la volontà è quella di bruciare le tappe. Se non verrà fermata da ricorsi e sentenze, entro pochi mesi Ales sarà protagonista del mercato dei servizi per i beni culturali.
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