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La Biennale del Sud globale

Laurie Rojas

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L’Avana. Nonostante le numerose richieste di boicottare la 12ma Biennale dell’Avana, la preparazione della rassegna, programmata dal 22 maggio al 22 giugno, prosegue indisturbata. Neppure lo sdegno per la situazione dell’artista attivista cubana Tania Bruguera, rimasta sull’isola dopo che le è stato ritirato il passaporto, ha fermato gli organizzatori di quello che è considerato l’appuntamento culturale più significativo di Cuba. Il provvedimento contro la Bruguera è stato preso dopo una performance dell’artista cubana che l’anno scorso in plaza de la Revolución all’Avana aveva aperto un microfono attraverso il quale i passanti potevano esprimere liberamente, in un minuto di tempo, le loro opinioni.
L’idea della Biennale si deve a Fidel Castro. Nel 1982, dopo la morte di Wifredo Lam, Castro indisse un incontro con i funzionari della cultura cubani per istituire un centro culturale dedicato alla ricerca e alla promozione delle arti del cosiddetto terzo mondo in un momento in cui l’espressione non aveva le connotazioni negative che ha oggi. Il Centro Wifredo Lam fu creato in parte proprio per organizzare la Biennale, sponsorizzata dal regime cubano.
L’attuale direttore della manifestazione, Jorge Fernández Torres, riferisce direttamente al Ministro della Cultura. Il programma ufficiale della fiera annovera più di 90 artisti internazionali da 43 Paesi e una trentina di artisti locali. Grandi nomi come Anish Kapoor, Daniel Buren e Tino Sehgal (per l’Italia è stato invitato Michelangelo Pistoletto) sono pubblicizzati a caratteri cubitali sul sito internet ufficiale. Pochi artisti e curatori internazionali si sono espressi a favore del boicottaggio della Biennale, mentre, comprensibilmente, la maggior parte degli artisti cubani ha preferito evitare la polemica. Alla richiesta di una dichiarazione del direttore della mostra, l’ufficio stampa della Biennale ha risposto che Fernández Torres era «troppo impegnato».
Non è la prima volta che la Biennale viene accusata di censura. L’influente critico e curatore cubano Gerardo Mosquera spiega di essersi dimesso dalla direzione artistica dopo l’edizione del 1989 «per la crescente censura imposta agli artisti». Da allora, ricorda Mosquera, altri artisti, tra cui Priscilla Monge e Humberto Vélez, hanno visto le proprie opere rifiutate o rimosse dalla Biennale. La prima Biennale dell’Avana risale al 1984; si tratta, per importanza, della quarta biennale mondiale dopo Venezia, San Paolo e Sydney. A partire dalla seconda edizione la rassegna ha avuto più che altro lo scopo di  trasformare la città in uno spazio aperto in cui gli artisti contemporanei e i professionisti dell’arte del «Sud globale» (America Latina, Caraibi, Africa, Asia e Medio Oriente) potessero conoscersi e scambiarsi idee. «La Biennale adempiva alla sua missione storica, ma non poteva rinnovarsi perché non poteva liberarsi dal destino stesso di Cuba», spiega Mosquera, il quale crede comunque che «le opere più interessanti e ambiziose» siano esposte negli eventi satelliti della Biennale, quest’anno oltre 200. Questi appuntamenti sono organizzati in prevalenza da e per gli artisti cubani e molte opere sono in vendita a prezzi abbordabili per i visitatori stranieri.


Laurie Rojas, 27 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

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