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In 32 a Stupinigi

Barbara Antonetto

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«Un atto filantropico, non una sponsorizzazione»: così il presidente della Fondazione Ordine Mauriziano Cristiana Maccagno ha definito l’intervento della Consulta per la valorizzazione dei Beni artistici e culturali di Torino a sostegno del restauro del Salone centrale della Palazzina di caccia di Stupinigi che, con Sant’Antonio di Ranverso, Staffarda e l’Archivio Storico costituisce il patrimonio artistico della Fondazione. Lo stesso presidente della Consulta Maurizio Cibrario ha parlato di responsabilità sociale dei 32 soci che si identificano nella Consulta stessa senza badare al tornaconto d’immagine: «Si sentono partecipi della valorizzazione di beni culturali torinesi per coscienza civica e orgoglio di appartenenza alla città». E che Stupinigi sia un vanto per Torino è innegabile, date l’originalità dell’architettura e la ricchezza di decori e arredi frutto della genialità inventiva e della regia di Filippo Juvarra. L’architetto messinese vi lavorò a partire dal 1729 facendone un capolavoro dell’architettura barocca in cui la luce e il rapporto con la natura giocano un ruolo fondamentale. A differenza che per altre residenze sabaude infatti, per la palazzina venatoria l’architetto di corte non fu condizionato da edifici preesistenti e fu libero di inventare. Il Salone centrale, ellittico e leggermente sopraelevato, rappresenta il fulcro dell’edificio, il punto di arrivo della direttrice che parte dal Palazzo reale cittadino, il punto di partenza dei percorsi di caccia, nonché lo snodo delle quattro braccia a croce di Sant’Andrea (due delle quali prolungate a formare l’esagono del cortile d’onore). La superficie interna è interamente rivestita di affreschi realizzati entro il 1733 dai bolognesi Giuseppe e Domenico Valeriani diretti dalle scelte teatrali di Juvarra stesso. Aperta con grandi finestroni sul parco, la straordinaria scenografia venne ulteriormente arricchita con una balconata su cui svettano le sculture delle Quattro Stagioni e due mori reggicandelabro, capitelli con teste di cervo modellate in stucco e corna vere, trentasei grandi ventole in legno dorato intagliate da Giuseppe Marocco, cinquantadue applique in metallo decorato con argento meccato, otto paracamini dell’animalista lombardo Giovanni Crivelli, quattro busti in marmo entro nicchie, due vasi marmorei e quattro sovrapporta, il tutto entro una concezione unitaria e organica in cui nulla è lasciato al caso, come registrano con stupore i diari di viaggiatori illustri.


Gli affreschi della volta erano stati restaurati dal Laboratorio Nicola tra il 1990 e il 1994, le ventole erano in cura presso il Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale, ma il salone aveva un aspetto disomogeneo e necessitava di un intervento complessivo su tutte le decorazioni delle pareti. È così che, sostenendo e coordinando con la supervisione della Soprintendenza restauri per 250mila euro, è intervenuta la Consulta, che a Stupinigi aveva già recuperato le alberate storiche reimpiantando 1.700 pioppi cipressi (2007), i medaglioni dei primi conti della genealogia sabauda allestiti nella Scuderia (2009), la Sala degli Scudieri (2012) e cappella e anticappella di Sant’Uberto (2013-14) e che metterà a disposizione il proprio know-how organizzativo per il restauro degli Appartamenti della Regina grazie a uno stanziamento della Fondazione Crt.
L’intervento appena concluso ha visto all’opera Galileo Persano e Thierry Radelet su intonaci dipinti ed elementi lapidei che presentavano consistenti macchie di umidità, fessurazioni, crepe e lacune dell’intonaco.
Hanno inoltre recuperato il basamento in finto marmo delle pareti sotto una ridipintura nera che rompeva l’armonia dell’insieme, armonia ulteriormente compromessa dalla perdita di doratura della balaustra. Quest’ultima, consolidata, ridorata e patinata con cere microcristalline colorate da Barbara Rinetti, è tornata a essere un elemento di raccordo anziché di rottura. L’intervento più complesso è stato quello sulle tele dipinte che rivestono i modiglioni e la parte sottostante il piano di calpestio della balconata: non essendo possibile asportarle, si è dovuto operare in loco con impacchi di argille assorbenti per eliminare le macchie di tannino causate dall’acqua penetrata nell’armatura lignea. Restaurando le sculture lignee sulla balaustra Persano e Radelet hanno scoperto che le Quattro Stagioni erano nate per un altro ambiente e che il loro basamento nero era stato dipinto in grigio per uniformarlo ai colori del Salone.

Barbara Antonetto, 03 giugno 2015 | © Riproduzione riservata

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