Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma. Alla Fondazione Giuliani cinquanta carte di Giorgio Griffa illustrano un percorso esplorativo tra i più rigorosi svolti all’interno delle potenzialità del segno. Per la cura di Andrea Bellini, la mostra, aperta fino al 23 aprile, presenta lavori su carta realizzati dall’artista torinese (oggi ottantenne) dal 1968 al 2015. Il rapporto con i lavori su tela è serratissimo, quasi di palestra nell’indagine sulla natura del segno primario, elementare, essenziale, steso a mo’ di tratteggi, punti o scie, ritmicamente cadenzati su porzioni di supporto, lasciando ampio campo al vuoto, che entra come attore dell’immagine. Lo stesso supporto, che sia di carta, come in mostra a Roma, o di lino, assurge a valore di immagine, per l’evidenza plastica delle pieghe che ne solcano la superficie. Sono tutte opere che, come raccontato in catalogo, l’autore realizza in una condizione psicologica di «concentrazione passiva», ovvero di raccoglimento meditativo, come avviene negli esercizi zen.
Apporre segni è da sempre per Griffa un modo di interrogarli, esplorando la poesia implicita del segno in quanto segno. Dalla fine degli anni Sessanta, infatti, l’artista torinese opera in quell’area della ricerca pittorica di tipo analitica, e d’afflato concettuale, che indaga sugli elementi basici del processo che porta alla creazione dell’immagine, da sempre. In tal senso, per Griffa è molto importante quello che lui definisce «l’immensa memoria della pittura», ovvero il passato sempre presente. Il suo minimalismo ha quindi un cuore antico.

Giorgio Griffa, «Canone aureo», 2014
Altri articoli dell'autore
Uno dei maggiori galleristi al mondo ha donato all’istituzione romana lavori che spaziano da Guercino a Giulio Paolini
In mostra alle Terme di Caracalla i resti monumentali della città antica disegnati da Francesco Corni
Nella Biblioteca Corsiniana a Roma rari documenti e opere collezionate da uno dei maggiori orientalisti al mondo, poi diventato boscaiolo
Alla Fondazione Memmo è allestita la terza personale italiana dell’artista inglese con la collaborazione di artigiani e designer, come Alice Rivalta, Pietroarco Franchetti, Ezra-Lloyd Jackson