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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliLa mostra dedicata a Carlo Dolci (1616-87), dal 30 giugno al 15 novembre (catalogo Sillabe) nella Sala Bianca e negli ambienti adiacenti della Galleria Palatina, sotto la direzione di Matteo Ceriana e a cura di Sandro Bellesi, Anna Bisceglia e Mina Gregori, con un allestimento di Mauro Linari, rende omaggio a un artista noto e molto apprezzato anche all’estero nei secoli passati, ma vittima di pregiudizi della critica nel corso del ’900. Solo negli ultimi decenni si è tornati infatti ad apprezzare e a leggere con occhio libero da condizionamenti del gusto quella pittura di straordinaria qualità, levigatissima, preziosa nelle cromie e con gli incarnati di porcellana, che esprime un sentimento religioso fortemente legato alla famiglia granducale dei Medici per i quali Dolci lavorò alacremente, dipingendo temi sacri o immagini allegoriche esaltanti il verbo divino. La mostra di taglio antologico segue lo sviluppo dell’arte di Dolci attraverso oltre 70 dipinti autografi dell’artista, eseguiti perlopiù per i Medici, oggi conservati in gran parte nelle raccolte di Palazzo Pitti e nella Galleria degli Uffizi di Firenze, ma anche pitture documentate nelle fonti antiche, citate soprattutto dal biografo Filippo Baldinucci, provenienti da quadrerie fiorentine e oggi conservate presso famosi musei stranieri. Tra gli inediti, oltre alla «Sant’Agata» già Osterley Park, è esposto il «Ritratto del Beato Angelico» (1648), che Dolci donò per la sua ammissione all’Accademia delle Arti del Disegno e che, ritenuto perduto, è ora conservato nella direzione del Museo di San Marco a Firenze. Lo stile di Dolci, pur nella sua singolarità, si nutre del confronto con maestri a lui contemporanei o di poco precedenti che la storica mostra del «Seicento fiorentino», curata da Mina Gregori nel 1986, rese noti al grande pubblico, quali Cigoli, Jacopo Vignali (di cui fu allievo), Matteo Rosselli, Cesare e Vincenzo Dandini e, ancora, Lorenzo Lippi e Felice Ficherelli, e delle cui opere la mostra presenta una significativa selezione. Una raffinata scelta di fogli degli Uffizi, della Kunsthalle di Amburgo, del Musée des Beaux-Arts di Lille, del British Museum di Londra, del Cabinet des Dessins del Louvre e del Metropolitan Museum di New York mostra inoltre l’eccellenza di Dolci nel disegno, dove la finezza esecutiva si coniuga a una straordinaria attenzione al naturale. A testimoniare la fortuna che Dolci ebbe al suo tempo, ma anche nel secolo successivo in Inghilterra, Polonia e Austria, è un piccolo nucleo di dipinti di allievi quali Onorio Marinari, Bartolomeo Mancini, Alessandro Loni e Agnese Dolci, figlia di Carlo. L’influenza di Dolci si estende anche alla scultura e alle arti applicate, con l’attenzione riservata alle stoffe, ai gioielli e all’oreficeria: aspetti indagati nel catalogo, insieme agli altri vari aspetti della biografia di Dolci e di una produzione ricca e concentrata su temi religiosi e sul ritratto e legata, specie nella maturità, al granduca Cosimo III e a sua madre Vittoria della Rovere. Su Dolci, seppur indipendente dalla mostra, è stata pubblicata qualche mese fa da Centro Di la monografia di Francesca Baldassarri che da anni dedica studi all’attività del pittore (cfr. n. 350, feb. ’15, p. 20).
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