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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma. Fino al 20 novembre, la Galleria Alessandra Bonomo ospita, sotto il titolo «Observing the mind trough art», la personale del monaco buddhista tibetano Drugu Choegyal Rinpoche.
Nato nel 1947 nel Kham, regione del Tibet, venne riconosciuto da bambino come ottava reincarnazione dell’abate del monastero di Drugu, dove iniziò la sua vita di contemplazione. Quel monastero venne però distrutto, assieme ad altri seimila, durante la repressione cinese nei primi anni Sessanta. È per questo che i ricavati delle sue mostre sono finalizzati a cofinanziare, tra l’altro, la ricostruzione del luogo di preghiera in cui si è scoperto monaco e pittore. Le due cose vanno infatti insieme in lui, nel rispetto della plurimillenaria tradizione buddhista del monaco artista: a venir ritratti sono stati della mente nella condizione di meditazione e liberazione, sono visioni estatiche di rasserenamento e poetico abbandono ai colori e ai segni della sfera conscia-inconscia. Una condizione in cui si può riconoscere gran parte della pratica artistica del Novecento, ma che il monachesimo orientale ha attuato dai tempi antichi. È l’Occidente infatti in questo caso ad assomigliare all’Oriente, e non quest’ultimo ad appropriarsi di modi che vengono dall’Ovest.
I dipinti astratti e le calligrafie, realizzati tra l’India (Delhi) e il Nepal (Kathmandu), dove l’artista vive esule, recano titoli quali «Man looking in another dimension», «Basic nature of mind. Wisdom and compassion», «Clear and happy mind». Il tratto fermo ma armonioso che delinea le grandi scritte in tibetano di princìpi o mantra buddhisti, e le sedimentazioni di colore vaporoso che saturano tele e carte, sono le due polarità tanto della pittura di Drugu Choegyal Rinpoche quanto della mente umana, capace, quando è «chiara e felice», di cogliere sia il nitore che l’atmosfera di tutto quanto esiste.
Una condizione pacificata della mente, che porta Drugu Choegyal Rinpoche a vivere la sua pittura come appello alla pace tra i popoli.
Drugu Choegyal Rinpoche, «Hum», gouache su carta, cm 96x64, 2016, Courtesy Galleria Alessandra Bonomo, Roma
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