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Franco Faranda esamina la tavola di Cimabue

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Franco Faranda esamina la tavola di Cimabue

Cimabue parla arabo

Stefano Luppi

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Bologna. Uno dei pezzi di spicco della mostra «Da Cimabue a Morandi. Felsina Pittrice», a cura di Vittorio Sgarbi e ospitata a Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni dal 14 febbraio al 17 maggio,  sarà la Madonna in trono di Cimabue della chiesa dei Servi di Bologna che è già giunta nella sede espositiva per una messa a punto e parziale pulitura cui seguirà dopo l’esposizione un approfondito restauro curato da Camillo Tarozzi e diretto da Franco Faranda. La grande tavola nei giorni scorsi, come segnala «la Repubblica-Bologna» (cfr. l'articolo di Paola Naldi, 4 febbraio ’15, p. 1), sotto i depositi causati dal trascorrere dei secoli, ha restituito una scritta in pseudo cufico, stile calligrafico della lingua araba, che deve ancora essere decifrata. «Si tratta di una lunga scritta, dice Tarozzi, che potrebbe anche riportare versetti del Corano che inneggiano alla grandezza divina. E, nel caso, non dovremo stupirci di ciò perché a fine XIII secolo, quando il quadro viene dipinto, la cultura araba era ben radicata nel Sud Italia».
Nelle sale affrescate dai Carracci e dalla loro scuola presso la sede di mostra di Palazzo Fava, saranno collocate circa duecento opere provenienti da chiese, istituzioni e collezioni private che illustreranno gli esordi e lo sviluppo della plurisecolare storia artistica di Bologna. Presenti opere di Niccolò dell’Arca, Vitale da Bologna, Parmigianino, dei Carracci, di Guido Reni, Guercino, Donato Creti, Antonio Basoli, Antonio Canova, Lucio Fontana, Arturo Martini e Giorgio Morandi. Dopo le polemiche sollevate da Italia Nostra Bologna e alcune centinaia di studiosi, gli organizzatori in un comunicato stampa puntualizzano che «L’evento, di rigorosa impostazione scientifica e di alto livello culturale, ha visto coinvolte tutte le più importanti Istituzioni cittadine, prima fra tutte il Comune, con i suoi musei e le sue collezioni d’arte e le Soprintendenze». La biglietteria online della mostra è già aperta. Per informazioni: www.genusbononiae.it.

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Stefano Luppi, 04 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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