Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliÈ scomparso il 13 novembre, a 85 anni, il gioielliere e collezionista d’arte contemporanea veneziano Attilio Codognato. Il mese scorso l’avevamo intervistato in occasione del suo corposo prestito di opere per la mostra «Marcel Duchamp e la seduzione della copia», da poco inaugurata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Un prestito che da solo costituisce la metà della mostra, ed era la prima volta che un corpus così ampio delle sue opere viene esposto in un’unica mostra, dando conto della sua passione di collezionista.
Persona colta e raffinata, titolare di una gioielleria dietro piazza San Marco di lunga tradizione famigliare (era stata fondata nel 1866 da Simeone Codognato), era autore di gioielli richiesti da tutto il mondo, le sue vetrine che traboccavano di preziosi oggetti antichi erano punto di riferimento per un pubblico internazionale.
«In un percorso insolitamente inverso ho iniziato a collezionare Duchamp, dopo aver collezionato per molti anni artisti come Rauschenberg e Nauman che hanno, in maniera diversa, guardato a Duchamp, ci aveva raccontato Codognato poche settimane fa. Negli anni Settanta grazie a Warhol ho anche conosciuto Man Ray, che è stata forse una delle persone più vicine a Duchamp durante tutto il suo percorso. È sicuramente uno degli artisti più importanti del secolo scorso: il suo lavoro e il suo atteggiamento verso l’arte e la vita hanno influenzato generazioni di artisti e continuano a essere cruciali anche per le nuove. Infatti, come dicevo, Duchamp mi ha aiutato a interpretare anche l’arte del presente in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni. Negli anni ho collezionato non solo opere, ma anche materiale epistolare e documenti legati all’artista, oltre a fotografie di Man Ray e Raoul Ubac connesse a opere di Duchamp».
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