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Sandro Parmiggiani
Leggi i suoi articoliRoma. Se ne è andato il 30 marzo, nella sua casa romana, Claudio Bonichi. Nato a Novi Ligure (Alessandria) nel 1943, l’artista, uno dei più sensibili protagonisti della «Nuova Metafisica» (Maurizio Fagiolo dell’Arco, in un testo a lui dedicato nel 1990 evocava de Chirico, che sosteneva che la maschera e il travestimento fossero la porta aperta sulla trasgressione e sulla possibilità di vivere la vita di un altro), veniva da una famiglia di artisti (il nonno materno, Eso Peluzzi, viveva a Monchiero, il paesino delle Langhe dove Claudio si rifugiava; lo zio, Gino Bonichi, più noto come Scipione) che continua dopo di lui: Benedetta, la figlia, è pittrice.
Bonichi ha esposto in Italia e all’estero in importanti mostre personali e di gruppo e ha avuto come estimatori, tra gli altri, Luigi Carluccio e Raffaele Carrieri. Due sono i motivi da lui indagati: le nature morte, offerte votive teatralmente disposte con i petali rinsecchiti dei fiori, i frutti colti e dimenticati, gli insetti morti accanto al baluardo di una vita ormai fattosi reliquia (magistrale rappresentazione del naufragio nel tempo che se ne va e trapassa) e i nudi di donne, che lasciano intravedere le forme del loro corpo ma contemporaneamente a noi si sottraggono, celando il loro volto o rivelandocelo solo parzialmente attraverso uno specchio che tengono davanti a sé.

Claudio Bonichi, «Nudo»

Claudio Bonichi in una fotografia tratta dal suo profilo Facebook
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