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Arabella Cifani
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Federica Spadotto ci ha abituati a pubblicazioni di alto livello scientifico, in particolare sul paesaggio veneto. Al grande pittore Francesco Zuccarelli (1702-88) ha dedicato nel 2007 una monografia fondamentale. Zuccarelli, che molti credono veneto e che invece era toscano, fu artista cosmopolita e di valenza europea, attivo a Roma, a Venezia, a Bergamo, a Londra. Il bel libro della Spadotto appena edito analizza proprio il periodo inglese dell’artista, fino ad oggi meno conosciuto ma ricco di soprese. Nel 1752, all’apice della carriera, Zuccarelli si recò a Londra, di propria iniziativa, e vi rimase fino al 1771, con grande successo di critica e di pubblico tanto che nel 1768 fu eletto socio fondatore della Royal Academy.
In Inghilterra Zuccarelli dipinse squisiti paesaggi e illustrò con fantasia poetica e grande inventiva temi shakespeariani come il Macbeth. Le sue vedute di paesaggi inglesi interpretati con delicata liricità si alternano a evocative vedute italiane con monumenti antichi, e a scene di gusto già pienamente neoclassico; non mancano deliziose escursioni nell’esotico come nel «Pellegrinaggio di turchi verso la Mecca».
Mi permetto di preferire fra tutte le composizioni inglesi di Zuccarelli la pensosa tela «Et in Arcadia Ego» della collezione di Sir James Fergusson: una poesia pittorica venata di tragedia nella scoperta della morte in una verdeggiante e ridente Arcadia angolo-italiana, che teoricamente avrebbe dovuto essere solo frequentata dalla giovinezza, dalla bellezza, dall’amore e dove invece la «nera signora» è ben presente.
Francesco Zuccarelli in Inghilterra. Genesi di un capolavoro
di Federica Spadotto
70 pp., ill.
Gierre Grafica Editore, Caselle di Sommacampagna (Vr) 2016
€ 25,00
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