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Si dice «museo di Salò» e inevitabilmente si pensa a un museo della Repubblica Sociale Italiana e delle sue tragiche vicende. Ma Salò ha una storia ben più antica. E nobilissima: apparteneva infatti alla Terraferma dalla Repubblica di Venezia e fu per lungo tempo luogo prediletto delle villeggiature dei nobili veneziani. Il MuSa-Museo di Salò, che si apre il 6 giugno, presieduto e diretto da Giordano Bruno Guerri, offre dunque un itinerario d’arte di cinque secoli, esponendo dipinti veneziani e veneti dal ’500 al ’700 e molto altro: come le «mummie» e le parti anatomiche mummificate da un medico gardesano del ’700 («Sarà una sezione “per adulti”, avverte Guerri, perché molte di quelle parti anatomiche sono decisamente “private”»), o il settore dedicato alla liuteria: «Perché per noi, annuncia Guerri, il vero inventore del violino è Gasparo da Salò» (nella foto sopra, un suo contrabbasso) Guerra a Cremona, dunque? «Guerra no, ma se finora l’abbiamo sostenuto sommessamente, ora non sarà più così. Gli esemplari del ’500 e ’600 che vi sono esposti parlano da soli».
Lo spazio non manca: ospitato in un antico convento con una vista spettacolare sul lago, e restaurato da Giovanni Tortelli con Roberto Chiarini e Monica Ibsen (con un’operazione a costo zero per il Comune, che ha ceduto per 90 anni a un gruppo privato parte dell’edificio, ricevendone in cambio la ristrutturazione dell’area museale) il MuSa, che è il museo civico della città gardesana ed è finanziato dal Comune di Salò e dall’Opera Pia Carità Laicale che lo gestisce, espone anche la collezione del «Nastro Azzurro», «cioè il museo delle Medaglie d’oro dell’esercito italiano, spiega Guerri. E poi, certamente, c’è la sezione più “emotiva”, quella che rilegge la storia della Repubblica sociale e della Liberazione. Grazie alla realtà virtuale il visitatore potrà decidere se vuole vivere la giornata di un partigiano o di un fascista: ci saranno filmati, documenti e molto altro. Il MuSa può infatti contare sulla documentazione del Centro Studi Salò, diretto da Roberto Chiarini». È prevedibile che questo accostamento diretto tra fascisti e partigiani scatenerà aspre polemiche: «Ma sono uno storico del ’900 e a queste polemiche sono abituato, ribatte Guerri. Tuttavia la storia non si basa su giudizi: in quel momento la società era divisa tra fascisti e antifascisti. Siamo felici che abbia prevalso l’Occidente ma non possiamo rimuovere un intero periodo storico. È un vizio molto italiano: cancelliamo ciò che non approviamo».
Ma il MuSa proporrà anche mostre temporanee: la prima, di Ernesto Tatafiore, si intitola «Le due vite di van Gogh» (catalogo Allemandi). Si tratta di un ciclo di lavori ispirati all’opera di van Gogh, divisi tra MuSa e il vicino Vittoriale (la mirabolante ultima residenza di D’Annunzio, anch’essa diretta e presieduta da Guerri): «Le due istituzioni fanno parte della nuovissima Associazione GardaMusei, precisa Guerri, una rete di luoghi della cultura, da Trento fino a valle, con un unico biglietto e un unico sito. Vi partecipano Salò, Gardone con il Vittoriale, Desenzano e presto anche Peschiera. E Toscolano Maderno, dove lungo un torrente turbinoso sorgevano anticamente almeno venti cartiere. Una, del XIV secolo, è stata restaurata ed è tuttora attiva: una vera emozione».
Resta da dire del «Bigio», soprannome popolare della grande scultura «Era fascista» (7,5 metri di altezza) realizzata nel 1932 da Arturo Dazzi per la nuovissima piazza della Vittoria a Brescia, progettata da Marcello Piacentini. Rimossa dopo la guerra, la statua giace da decenni in un magazzino del Comune. Guerri e il sindaco di Salò, Gianpiero Cipani (centrodestra), la ospiterebbero nella piazzetta antistante il MuSa. Dal Comune di Brescia, guidato da Emilio Del Bono (centrosinistra), fanno sapere di «non aver ricevuto alcuna richiesta, e pertanto l’ipotesi non è allo studio».
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