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Samantha De Martin
Leggi i suoi articoliSotto il viavai quotidiano di aerei diretti all’aeroporto di Ciampino un corteggio di animali marini sembra rincorrersi a un cenno di Poseidone, mentre un delfino cavalcato da un amorino muove alla conquista di Anfitrite. Questo tappeto musivo con «thiasos» marino, perfettamente conservato (malgrado tracce di fuochi accesi sul pavimento in età tardo antica) è una delle straordinarie sorprese emerse dalle ultime indagini archeologiche condotte presso la Villa di Sette Bassi, nel Parco Archeologico dell’Appia Antica. Una sequenza stratigrafica serrata che restituisce molte informazioni note finora solo attraverso le fonti.
Il nome della Villa, oggi adagiata sul fianco destro della Tuscolana, tra il V e il VI miglio della via Latina, deriverebbe dal nome del proprietario, Settimio Basso, «praefectus urbi» al tempo di Settimio Severo.
Lo scavo, diretto dall’archeologo Stefano Roascio, ha permesso di documentare il cambiamento del complesso termale dalle sue prime fasi, nel II secolo d.C., fino alla trasformazione in edificio liturgico avvenuta nella tarda antichità. I risultati degli interventi, che hanno interessato l’area delle cosiddette Terme dei Tritoni, nell’ambito della linea di finanziamento Pnrr Caput Mundi, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa alla presenza del direttore generale Musei, Massimo Osanna, del dirigente delegato, Luana Toniolo, di Simone Quilici, già direttore del Parco dell’Appia e attuale direttore del Parco Archeologico del Colosseo, e di Raffaella Giuliani, segretaria della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
«In quella che tradizionalmente veniva chiamata dépendance, spiega Toniolo, abbiamo trovato tracce di una chiesa databile tra la fine del IV e l’inizio del V secolo. Ma la vera novità è il fonte battesimale con scala per immersione, con tutto il sistema di adduzione idrica». Qui doveva quindi trovarsi quella diocesi suffraganea chiamata «Subaugustana», nota prima solo attraverso le fonti.
Le Terme dei Tritoni. Courtesy Parco Archeologico dell’Appia Antica
«Questo luogo straordinario, ha sottolineato Massimo Osanna, che si inserisce in un programma sistematico di ricerca e valorizzazione, si trova in un’area di periferia, ma con una comunità molto radicata. I tasselli della nostra storia trovano qui una continuità significativa visto che queste rovine arrivano almeno fino al VI secolo d.C. raccontando la storia della cristianizzazione delle campagne, la trasformazione di una mansio in diocesi con chiesa e fonte battesimale».
Tornando all’impianto musivo in tessere bianco nere, sarà presto protetto e valorizzato da una copertura a specchio. «È suggestivo pensare, spiega Stefano Roascio, che questo spazio “pagano” resti inalterato anche in epoca cristiana, diventando una sala catechetica associata a vasche dove sosta chi non è ancora battezzato». Nell’area attigua, infatti, i tappeti musivi a tema mitologico scompaiono per lasciare spazio all’altra grande scoperta: una vasca liturgica, interpretabile come fonte battesimale accessibile tramite gradini.
Di grande raffinatezza sono anche alcuni rivestimenti in marmo ritrovati, come la transenna liturgica decorata a chiocciola e a virgole (fine VI secolo), e poi un probabile tiburio, mentre il sistema di adduzione dell’acqua tramite fistula plumbea in pressione fa pensare a un edificio di una certa complessità e qualità architettonica. Sulla facciata monumentale non passa inosservata la successione di oculi, un unicum dicono gli archeologi. Proseguendo, sul ciglio dell’antica via Latina, la funzione di mansio assunta dall’edificio all’inizio della sua storia è evidente dal sistema di stanze in batteria servite da un corridoio, destinate all’ospitalità.
La fine (almeno per ora) di questo avvincente viaggio coincide all’incirca con l’VIII secolo, epoca alla quale risalirebbero un’abitazione pavimentata e intonacata con i muri composti da epigrafi funerarie, e un forno da pane al servizio di una comunità socialmente molto stratificata. «Non siamo ancora in grado di capire se la chiesa fosse ancora in funzione in questo periodo» continua Roascio.
Adesso, come sottolinea Raffaella Giuliani «la sfida è quella di valorizzare queste presenze, quindi le periferie, in un’area che conserva consistenti memorie cristiane». Ma anche di fare di Villa di Sette Bassi, come auspica Simone Quilici, la «nuova frontiera del Parco Archeologico dell’Appia Antica».
Il casale e il fienile. Courtesy Parco Archeologico dell’Appia Antica
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