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Un’opera da curare

Silvano Manganaro

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Per la sua prima personale alla galleria di Francesca Antonini, Gregorio Botta (Napoli, 1953) propone dal 23 marzo al 20 maggio una grande installazione ambientale e alcuni lavori inediti, legati gli uni agli altri dall’esplorazione del tema del cerchio.

Il titolo della mostra, «Abbi cura di me» fa il verso a un’installazione di Sophie Calle, presentata nel Padiglione francese della Biennale di Venezia del 2007.Lì le quattro parole «prenez soin de vous» erano la chiusura di una lettera, e facevano riferimento a un distacco, a un far da soli; qui il riferimento è all’opera, forse all’artista, e indica una richiesta, quasi un’implorazione. In questo nucleo di lavori (piattini trasparenti con una piccola quantità d’acqua), l’azione umana è parte integrante del processo e del ciclo vitale dell’opera: si richiede, nel corso del tempo, la ripetizione della delicata cerimonia di rabbocco del liquido, necessaria per la sopravvivenza del lavoro stesso.

Un gesto minimo; come minimi sono quei materiali «antimoderni» che, da sempre, caratterizzano il lessico dell'artista napoletano: ferro, vetro, piombo e cera. Come afferma lo stesso Gregorio Botta: «Il mio lavoro cerca di invitare chi lo guarda a stare qui, a essere presente e a respirare lo spazio che c’è attorno, per cercare di cogliere, se si può, una soglia del mistero dell’esistenza».

Silvano Manganaro, 17 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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Un’opera da curare | Silvano Manganaro

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