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Edek Osser
Leggi i suoi articoliUna proroga in extremis per completare tutti i cantieri anche dopo la fine dell’anno
«Bridging» (da bridge, ponte): è l’ultimo anglicismo e arriva da Pompei. È un termine soprattutto bancario che indica il ponte di collegamento tra un’operazione finanziaria e l’altra. Il «bridging» pompeiano si riferisce a un provvidenziale slittamento, ormai certo anche se non ancora ufficiale: il 31 dicembre prossimo non vi sarà alcuna tagliola e i finanziamenti dell’Unione Europea, decisi il 29 marzo 2012, non saranno interrotti come invece previsto. Ci sarà una proroga, appalti e lavori potranno continuare anche oltre il termine fissato e fino al 2017. La scadenza era tassativa: tutti i lavori avrebbero dovuto essere conclusi entro fine 2015, tutti i 105 milioni europei spesi e rendicontati entro il 31 dicembre prossimo.
Il «bridging» avverrà però a una condizione: che tutti i lavori previsti siano iniziati al 31 dicembre. Che ogni cosa non potesse essere conclusa a quella data era chiaro fin dall’inizio: si trattava di una «mission impossible». Si partiva da zero per concludere in poco più di 3 anni il gigantesco programma della legge Grande Progetto Pompei del 2011. I ritardi si sono subito accumulati, per mesi sono mancati perfino i due personaggi chiave, i vertici del Grande Progetto. Il direttore generale, generale Giovanni Nistri, nominato soltanto nel dicembre 2013, e il soprintendente, Massimo Osanna, addirittura nel marzo del 2014. Il suo vice, previsto dalla legge, non è mai arrivato. Mancava anche il personale delle strutture tecniche di supporto. La salvezza di Pompei sembrava un’utopia. Malgrado le leggi (del 2013 e 2014) che hanno concesso semplificazioni burocratiche e poteri speciali, ci sono voluti due anni perché la pesante macchina del Grande Progetto si avviasse.
La proroga della scadenza di dicembre sembra a tutti necessaria e dovuta. Nistri ricorda tuttavia che «non vi è ancora alcuna decisione ufficiale, anche se esistono tutte le premesse perché questa arrivi». Osanna, soprintendente e archeologo, è una specie di sindaco di questa città unica al mondo: percorsa da migliaia di turisti al giorno, 44 ettari di rovine preziose con problemi di strade, case, monumenti, affreschi, stucchi, ma anche di acque da smaltire, umidità da combattere, tetti da sostituire, sicurezza da garantire, amianto da eliminare.
Oggi a Pompei interventi e restauri sono in corso ovunque. Lungo via dell’Abbondanza, che attraversa il cuore degli scavi, si incontrano ovunque reti di protezione, impalcature, operai, cartelli dei lavori in corso. Il rinvio dei termini temporali del Progetto sembra condiviso. Osanna racconta che «c’è stata una totale consonanza tra tutti i partner. Anche l’Unesco, nel suo rapporto, ha dato un giudizio molto positivo sullo stato dei lavori e ha chiesto di andare avanti con il Grande Progetto anche nel 2016 e 2017. Si è così riusciti a modulare le tappe per continuare con i finanziamenti europei ma a una precisa condizione: tutti i lavori devono essere già appaltati e cantierizzati entro il 31 dicembre. Avevamo in tutto ben 77 bandi di gara programmati: oggi ne abbiamo avviati 76». L’Unione Europea è d’accordo: dopo dieci anni di esperimenti falliti, la salvezza (anzi la rinascita) di Pompei non è più soltanto un’ipotesi.
Questa la situazione a inizio dicembre: interventi «banditi» per 159,8 milioni di euro con completo esaurimento dei fondi ben oltre i finanziamenti previsti dal Grande Progetto Pompei. La cifra è la somma dei 105 milioni originari più 34 risparmiati con i ribassi d’asta oltre a 19,4 milioni di fondi propri della Soprintendenza.
Circa 20 cantieri sono terminati, 29 ancora in corso. C’è anche un cantiere (3,8 milioni) quasi concluso per montare oltre 400 telecamere di sorveglianza: costo 3,8 milioni finanziati dal Ministero dell’Interno con il Pon Sicurezza. È in corso anche la «revisione e adeguamento» della recinzione degli scavi (oltre 6 milioni) e dell’illuminazione perimetrale (più di 3 milioni). A novembre siamo a 60 milioni contrattualizzati.
La messa in sicurezza
La messa in sicurezza di tutta l’area è tra gli obiettivi prioritari del Grande Progetto e del soprintendente Osanna: «Al di là di numeri e cifre, a Pompei c’è finalmente un’attività intensa con un dinamismo che non credo ci sia mai stato prima. Già in passato l’obiettivo principale era quello di provvedere progressivamente alla messa in sicurezza degli scavi. Nel 2000 eravamo al 30% delle aree sistemate. Al nostro arrivo eravamo fermi a quella cifra, ora ci proponiamo di raggiungere il 100%. Su questo leggo ancora molte inesattezze. Molti cantieri sono in corso: quelli della VI e VIII Regione saranno chiusi entro quest’anno, la VII entro il primo semestre 2016. Con la IV, la V e la IX (lavori in corso), i tre quarti di Pompei saranno messi in sicurezza entro quel termine. Il Piano sarà completo con l’ultimo quarto, le Regioni I, II e III dove c’è anche l’Anfiteatro, che hanno però una situazione migliore delle altre. Per queste Regioni mancavano del tutto i progetti, quindi siamo in ritardo. La gara è in corso e l’iter si è concluso a novembre. Sarà il grande cantiere del 2016 e parte del 2017. Per allora il 100% degli scavi sarà in sicurezza e questo ridurrà al minimo il rischio di crolli e altri incidenti. Si tratta di un intervento esteso di manutenzione straordinaria».Osanna insiste su una scelta che qualcuno gli rimprovera: aver attuato un intervento di manutenzione straordinaria invece di applicare ovunque quella ordinaria programmata: «Non è così, spiega. La situazione degli scavi era davvero critica e non a causa di singoli crolli. Intere Regiones erano da tempo abbandonate e chiuse al pubblico. Non era possibile affrontare il problema della manutenzione ordinaria senza il grande intervento straordinario in corso. Per questo serviva un adeguato finanziamento e il contributo di tante diverse professionalità. Ci stiamo riuscendo con una decisa accelerazione di tutte le procedure e lo sforzo straordinario di tutti. Non parlo soltanto della “messa in sicurezza” che risolverà i problemi del “rischio”. In parallelo si procede al restauro completo delle domus». Quelle completate e visitabili saranno 15, tutte di grande importanza. L’ultima, aperta a novembre, è la domus «della Fontana Piccola». Entro dicembre ci saranno anche le domus «di Paquio Procolo», «del Frutteto», «la fullonica di Stephanus» e «del “Sacerdos Amandus”», già aperte quelle «di Loreio Tiburtino», «della Venere in Conchiglia», «dei Pigmei», «dell’Efebo», «di Giulia Felice», «dell’Ancora», «di Venere in conchiglia», a gennaio sarà pronta la casa «di Marco Lucrezio». Progetti inadeguati e confusi hanno ritardato i restauri delle 5 domus appaltate per prime, nel 2012. Dovrebbero aprire comunque entro l’anno: le case «del Criptoportico», «dei Dioscuri», «del Marinaio», «delle Pareti rosse», «di Sirico». «Una situazione che mi amareggia è quello della famosa casa dei Vettii, dice preoccupato Osanna. È chiusa, il cantiere bloccato da 10 anni per problemi non soltanto tecnici. Dopo il vecchio restauro mancava ancora il collaudo statico che faremo entro dicembre. Abbiamo dovuto ripartire con un nuovo progetto per le coperture ma anche per gli apparati decorativi che in questi anni si erano di nuovo deteriorati». Solo nel 2016 i restauri ripartiranno, ma il ritardo è enorme.
Il Piano della conoscenza
Un altro problema in via di soluzione è quello del Piano della conoscenza, uno dei grandi temi del Grande Progetto. È il monitoraggio di ogni dettaglio degli scavi che forma la carta del degrado e consentirà di intervenire dove necessario. «Anche questo Piano, che avrebbe dovuto precedere ogni intervento, racconta Osanna, è partito in ritardo. La gara d’appalto è stata bandita quando sono arrivato a Pompei, nel marzo 2014. Sarà pronto a dicembre, ma non era possibile aspettare. Mentre veniva realizzato abbiamo comunque avviato i lavori per la messa in sicurezza anche se è stato necessario monitorare in dettaglio la situazione prima di ogni intervento».Il Piano della conoscenza andava coordinato con quello Informatico. «Se ne è occupato con successo, chiarisce Osanna, un giovane, brillante archeologo tedesco, esperto anche in informatica: si chiama Gabriel Zuchtriegel ed è stato nominato da poco direttore del Parco archeologico di Paestum. Presto avremo una mappa molto particolareggiata per leggere gli scavi in scala 1:50. Un dettaglio straordinario, dieci volte maggiore di quella precedente che risale al 2000. Su questa nuova mappa possiamo “vedere” persino gli intonaci. Da questa base partono le foto ortorettificate di tutte le pareti. Alcune domus sono state anche scansite in laser scanner. Un patrimonio di dati straordinario, uno strumento di lavoro fondamentale con il quale sarà davvero possibile attuare una manutenzione ordinaria e programmata».
Lo staff tecnico
A Pompei mancavano i tecnici, un grande problema da risolvere. Previsti dal Grande Progetto sono arrivati in grande ritardo soltanto nel 2014. Oggi il soprintendente Osanna ha una segreteria tecnica di 20 persone assunte fino al 2016 con contratti rinnovabili: 7 ingegneri, 9 architetti, 4 archeologi. A loro si affianca lo staff tecnico del Grande Progetto diretto da Nistri, con il quale la collaborazione è stretta. La legge prescriveva 30 persone: in realtà sono 19 tra amministrativi, architetti, ingegneri informatici, ma è comunque assai efficiente.Ma il lavoro è tanto, si doveva fare in fretta anche per recuperare i ritardi iniziali. Così Osanna e Nistri hanno firmato specifiche convenzioni con Ales, la società in house del Mibact, per un’altra serie di contratti e più di 30 persone: 20 operai ma anche 2 architetti, 4 archeologi e 5 restauratori, tutti con contratti rinnovabili. Insieme, formano oggi un team di una novantina di specialisti.
«Questi tecnici, dice Osanna, sono la salvezza di Pompei: per la prima volta abbiamo sul posto operai, architetti, restauratori, archeologi, amministrativi che svolgono un lavoro eccezionale. Con loro, man mano che le zone vengono messe in sicurezza, stiamo cominciando la manutenzione programmata. Durante i lavori ci forniscono anche la documentazione informatizzata sullo stato di degrado e sugli interventi necessari, che va a completare il Piano della conoscenza. È un passo risolutivo. Questo schema viene già applicato alla manutenzione del sistema stradale di tutta Pompei».
A Pompei oggi sono aperti 29 cantieri: tra questi quello del Piano Idrogeologico, fondamentale per la messa in sicurezza degli scavi, pronto entro l’anno. È un cantiere del 2012, ma è andato avanti lentamente: è stato necessario variare i progetti in corso d’opera per convogliare le acque che minacciano le fondamenta in nuove canalizzazioni sotterranee.
Accanto al Piano Idrogeologico, si lavora a un nuovo progetto per minimizzare il rischio smottamenti lungo tutti i confini interni dell’area di scavo.
Un ultimo progetto in corso è infine quello chiamato «Pompei per tutti», che interessa le vie centrali della città e garantirà percorsi accessibili ai disabili.
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