Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Redazione GDA
Leggi i suoi articoliÈ la ceramica più brutta mai fatta», dichiara il ceramista e scrittore inglese Edmund de Waal, gli occhi scintillanti, indicando un servizio da tè in porcellana realizzato da Roger Fry. «È rozzo». Siamo nelle gallerie di ceramica del Victoria and Albert Museum, pronti a vedere alcuni degli oggetti che hanno ispirato il suo nuovo libro, The White Road (edito da Chatto & Windus), la storia di un materiale, la porcellana, lavorata e commerciata da un migliaio di anni, che ha ossessionato De Waal per decenni. La difficoltà è che De Waal, 51 anni, con il portamento dotto di un curato del XIX secolo e una curiosità infinita del mondo, continua a procedere oltre appena qualcosa attira la sua attenzione. Si ferma accanto a del vasellame in terraglia inglese di metà secolo: una rassegna autunnale di marroni color terra, gialli lichene e verdi muschio. «Questa, assolutamente, è la tradizione sulla quale mi sono formato, afferma. In sostanza è il paesaggio inglese, è un campo dello Wiltshire a ottobre. Ed è molto bello. Ma niente di più». Soffoca una risata. «In realtà questo oggetto è stato fatto dall’uomo dal quale ho imparato: Geoffrey Whiting». De Waal lavorò con Whiting, un discepolo di Bernard Leach, mentre ancora studiava alla scuola di Canterbury. «Devo aver fatto decine di migliaia di questi vasetti. Potrei ancora farli mentre dormo, sospira. Ma la mia passione è la porcellana». Fa un gesto in direzione di «Signs and Wonders», la sua installazione permanente commissionata dal V&A per la riapertura delle gallerie della ceramica nel 2009, che circonda la base di una delle cupole dell’edificio, a quasi 4 metri di altezza. Su uno scaffale di metallo rosso De Waal ha collocato 425 vasi di porcellana smaltata, ognuno un «ricordo» di un contenitore che rappresenta la storia del materiale. È un lavoro di allusioni, che rievoca la porcellana dalla Cina e dalla Corea, dall’Europa del Settecento e dalla Germania del Bauhaus. «Questa, prosegue, è la storia della mia ossessione per la ceramica». (...) In The White Road, De Waal intraprende una serie di viaggi, «una sorta di pellegrinaggio», come evidenzia il sottotitolo, per stimolare un’indagine idiosincratica della porcellana. Visita Jingdezhen in Cina, il filone principale di questo materiale esotico definito anche «oro bianco», attraverso fotocopie di lettere nelle quali il suo eroe, il missionario gesuita francese Père d’Entrecolles, descriveva la tecnica di realizzazione della porcellana nel XVIII secolo. In seguito De Waal va a Dresda per raccontare la storia della porcellana Meissen, la prima vera porcellana di produzione europea. L’alchimista Johann Friedrich Böttger sviluppò la tecnica all’inizio del Settecento, su richiesta di Augusto il Forte, il quale diceva di soffrire di Porzellankrankheit, malattia della porcellana, e che alla morte aveva accumulato 35.798 oggetti realizzati in questo materiale (...). De Waal potrebbe parlare di se stesso. Dopo tutto è in primo luogo un artista che ha realizzato vasi bianchi per quarant’anni. «Per me il bianco non è niente di eccezionale. Ho migliaia di porcellane bianche nel mio studio. Scherzo definendomi il “fauve” dei bianchi» (la sua ossessione per il bianco è il soggetto della mostra da lui curata e aperta fino al 3 gennaio alla Royal Academy of the Arts). È anche un appassionato di poesia contemporanea, laureato a Cambridge in letteratura inglese e autore nel 2010 delle memorie Un’eredità di avorio e ambra (edito nel 2011 da Bollati Boringhieri), tradotte in 30 lingue e che ha venduto 1,5 milioni di copie. In queste memorie De Waal ha seguito le peregrinazioni della sua collezione di 264 miniature giapponesi netsuke, ricevuta in eredità attraverso cinque generazioni della sua illustre famiglia, gli Ephrussi, una dinastia di banchieri ebrei concorrenti dei Rothschild.
A tratti sembra lui stesso vittima della Porzellankrankheit di cui soffriva Augusto il Forte. Che cos’è che lo seduce a tal punto nella porcellana? «È un materiale imperscrutabile, spiega, nel senso che deriva dalla terra ma sembra aspirare a qualcosa di diverso. Sembra più simile al vetro, all’aria, che alla terra. Per questo per me è un’esperienza di mutazione alchemica totale». Fa una pausa. «Sembra una stronzata?». Ride di nuovo. (...) Colpisce l’ordine in cui si definisce: prima artista poi scrittore. Dopo Un’eredità di avorio e ambra, non è forse tentato di invertire i termini? «Sono uno che lavora l’argilla, la porcellana, questo sono. E scrivo libri. Così stanno le cose». (...) Mi chiedo: si considera una controparte intellettuale di Grayson Perry, altro grande ceramista inglese? «L’aspetto intellettuale non c’entra nulla. Sono due territori diversi. Grayson è giustamente considerato una voce nuova nella cultura. Ma sa una cosa? Non è una sfida». Tace un attimo, visibilmente turbato. «Mi rifiuto di essere chiamato intellettuale. Capita che mi piacciano Vienna e Praga e Venezia, la poesia tedesca e Jingdezhen e i gesuiti del Seicento; ma non è intenzionale, è semplicemente il mio territorio. Potrei renderlo nobile, snob, difficile e respingente. Ma in realtà dico: entrate, partecipate a questo viaggio e scoprite che riguarda uomini reali che hanno vissuto vite interessanti e complesse, spesso con enormi difficoltà ma in modo creativo».
Altri articoli dell'autore
L’Associazione archeologi del Pubblico Impiego (Api-MiBact) ha inviato una nota al Ministero della Cultura e a quello della Funzione Pubblica, nonché ai membri delle Commissioni cultura di Camera e Senato, per esprimere il proprio dissenso per il bando per 75 posti nell’area dell’elevate professionalità (Ep), le cui domande di partecipazione vanno presentate entro il 26 giugno
Il premio Nobel e il direttore del Museo Egizio si sono incontrati per parlare di musei e romanzi: «Sono simili: sono i “luoghi” in cui avviene l’interpretazione del significato della nostra vita, nei quali riflettere su sé stessi»
Anche quest’anno Tag Art Night, la Notte delle Arti Contemporanee, propone un palinsesto di mostre diffuse sul territorio cittadino
Rimodulate le competenze e modificato la struttura organizzativa: dal Segretariato generale al modello dipartimentale