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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliL’Umbria conta tre nuove direttrici archeologhe. Una commissione della Direzione regionale museale presieduta da Marco Pierini ha nominato questa estate Maria Angela Turchetti al timone del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria (Manu) insieme all’ipogeo dei Volumni e alla necropoli del Palazzone a Perugia, Lara Anniboletti al Museo Archeologico Nazionale con la necropoli di Crocifisso di Tufo a Orvieto, Ilaria Venanzoni al teatro romano di Gubbio.
I mandati sono triennali. Le accomuna l’entusiasmo e il proposito di trasmettere il fascino dei reperti e la conoscenza al di là della cerchia degli specialisti. E qui parlano di quali priorità hanno in mente.
Maria Angela Turchetti (1963), etruscologa con più direzioni in Toscana ed esperienze in Umbria, spiega: «Il Manu è un’eccellenza ma in posizione defilata in città. Serve rafforzare una rete con le altre realtà istituzionali e private e creare un biglietto unico affinché il museo sia anche un volano di sviluppo sociale, culturale, turistico ed economico».
La collezione? «È ricchissima ma è difficile da visitare: vorrei rendere il percorso più ordinato e più godibile, che racconti tutta l’Umbria, con un linguaggio più comprensibile a chiunque con didascalie tradotte almeno in inglese; stiamo aggiornando l’apparato digitale per dare maggiori informazioni e permettere anche visite virtuali; occorre pensare alla didattica, voglio che il Manu sia visitabile per un pubblico più ampio possibile inclusi i diversamente abili e sia un riferimento scientifico in sinergia con Soprintendenza e università».
A Orvieto Lara Anniboletti (1973), responsabile della comunicazione nella direzione umbra dei musei, intende «rendere la narrazione più moderna e fruibile. Il visitatore va coinvolto con un racconto che deve svilupparsi innanzitutto tramite il legame con il territorio. Intendo cercare modalità narrative su diversi livelli, con un linguaggio divulgativo, prevalentemente visivo, senza riempire le sale di pannelli, usando per esempio la realtà aumentata per gli affreschi di tombe non sempre facilmente leggibili. E lavoro per collegare la narrazione della necropoli al museo».
L’archeologa pensa inoltre a mostre a rotazione con i materiali dai depositi, ad appuntamenti con le realtà imprenditoriali, a didascalie «scritte in un linguaggio divulgativo senza escludere iniziative più scientifiche».
Per il sito eugubino Ilaria Venanzoni (1977) reputa prioritaria una forte collaborazione, «iniziata ma incompiuta», con il Comune e la diocesi. Archeologa nella Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e assessore alla Cultura a Fabriano, intende poi ridisegnare l’allestimento dell’Antiquarium: «È incompleto, si fatica a seguire un filo, ha vetrine vuote, non si capisce quale storia racconta». Ha un terzo obiettivo: «Ampliare la zona al pubblico con la contigua area archeologica della Guastuglia ma ci vogliono fondi».
L’ambizione delle tre archeologhe è chiara: rendere più accoglienti e inclusivi gli istituti loro affidati senza perdere in scientificità.
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