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Anna Orlando
Leggi i suoi articoliMaastricht (Paesi Bassi). Primato confermato per il Tefaf, inaugurato il 10 marzo e in corso fino a domenica 19. Sono svaniti presto i timori della vigilia sul possibile ridimensionamento soprattutto per il mercato americano, vuoi per il terrorismo (che l’anno scorso aveva colpito proprio l’aeroporto di Bruxelles alla chiusura della fiera), vuoi per la novità di Tefaf New York (prima edizione ottobre 2016), che risulta a tutti qualitativamente importante, ma di entità imparagonabile all’appuntamento olandese.
I collezionisti e i rappresentanti dei musei statunitensi c’erano, e le vendite (non solo con loro) si sono registrate fin dalle prime ore, con un evidente successo soprattutto per la pittura del Seicento, forse il dato più significativo di tendenza degli scambi in fiera. Possono essere letti come segnale positivo i molti scambi prima dell’apertura tra dealer, gli stessi che nei recenti anni di crisi avevano diminuito l’entusiasmo nell’acquisto, come conseguenza immediata di un giro d’affari più incerto.
Le vendite a collezionisti e musei si sono avute sia alla preview (quest’anno anticipata di qualche ora, a pagamento per i galleristi e per alcuni super vip), sia il primo giorno, in un clima incoraggiante, tipico delle migliori edizioni di Tefaf. Ben sei dipinti passano di mano all’apertura da Antonacci-Lapiccirella; Alessandra Di Castro vende subito una console napoletana a un privato, e una terracotta della bottega di Bernini a un collezionista americano; a un museo olandese un’altra vendita per la Di Castro, ma altre destinazioni pubbliche dovrebbero siglarsi, con i tempi decisionali naturalmente più lunghi per le istituzioni, come spiega soddisfatto Alberto Di Castro. Anche Voena ha avviato due importanti trattative con dei musei, per la vendita di dipinti del Seicento. Notevole il successo di Giacometti Old Masters che entro il primo week end cede ben sei dipinti seicenteschi, tra cui l’inedito Lanfranco proveniente dalla collezione di Vincenzo Giustiniani la cui richiesta era di un milione e mezzo di euro e che torna in una collezione privata italiana (e sarà oggetto a ottobre a Roma di una giornata di studi a Palazzo Spada), e un Luca Forte che è il pendant di quello conservato al museo di Sarasota, Florida. Lo stesso pittore domina con una «Ghirlanda» da 300mila euro la bella parete che Lampronti ha dedicato alla natura morta, una novità rispetto alle sue classiche vedute, sempre presenti, con un importante Canaletto da oltre 4 milioni di euro. Anche nello stand di Moretti, notoriamente specialista di «fondi oro», si vende la tela seicentesca di Salvator Rosa, e Altomani, tra le sue maioliche e oggetti d’arte, vende il dipinto di Pietro Ricchi.
Il Seicento italiano va bene non solo negli stand nostrani: Colnaghi cede una splendida natura morta di Bartolomeo Cavarozzi (che aveva una richiesta di 5 milioni di euro) e la «Natività» di Cesare Fracanzano; Rob Smeets, già il primo giorno, due dipinti nordici, ma anche un italiano. Positivi anche Cesati, Bacarelli & Botticelli, Paolo Antonacci e Orsi, con molto interesse per le rispettive selezioni di pezzi di indubbia qualità e interesse internazionale. Piva vende nei primi due giorni di fiera due sculture barocche in marmo bianco e qualche oggetto da collezione come mappamondi e pezzi da vetrina.
Soddisfatti gli esordienti: Salamon cede subito un dipinto a un collega prima dell’apertura e riscuote notevole interesse per la «Madonna con il Bambino» firmata da Giovanni Bellini; Gallo, pur esponendo nella sezione «antiques», vende a un privato «Ritratto di Frederick Saint John, secondo Visconte di Bolingbroke» di Pompeo Batoni, la cui richiesta era di mezzo milione di euro. Nella stessa sezione Benappi, nello stand con Mehringer, portava anch’egli splendidi dipinti, tra cui un eccezionale ritrovamento: il «Concerto» di Martin Van Maytens, di cui è stato capace di ricostruire l’intera storia di committenza e collezionistica, tutta piemontese. Elegante lo stand di Longari, intrigante quello di Altomani, con tante storie da raccontare per ogni singolo pezzo, come la brocca quattrocentesca di manifattura pesarese che compare identica in due dipinti di Memling, così da giustificare il prezzo di 100mila euro.
L’Ottocento premia nomi e soggetti di gusto internazionale: subito venduti la «Malinconia» di Hayez da Alessandra Di Castro, la «Venezia» di Federico Moja da Matteo Salamon, il «Tramonto sul Nilo» di Hermann D. S. Corrodi da Antonacci-Lapiccirella.
Procede bene anche il settore arte moderna italiana, con un prevedibile (e sano) ridimensionamento della bolla speculativa che ha recentemente interessato certi nomi (Scheggi, e in parte anche Bonalumi e Castellani), mentre reggono i maestri (Fontana, Burri e Pistoletto). Appaiono nuovi nomi, protagonisti, in modo diverso, di un certo interesse: Ettore Spalletti, rappresentato splendidamente da Vistamare di Benedetta Spalletti nello spazio su invito riservatogli nella sezione «Curated» di Penelope Curtis; e Luca Pignatelli, un «infiltrato» nello stand di Piva, nella sezione «antiques», e oggetto di un rifiuto da parte del vetting che ha fatto rimuovere uno dei tre lavori proposti perché realizzato su un tappeto persiano antico, con un intervento troppo audace secondo il comitato e considerato irrispettoso per un manufatto antico. Classico e imponente come sempre lo stand di Tornabuoni; soddisfatto Cardi con ottime trattative con collezionisti privati per un Fontana (2 milioni di sterline), un Twombly e un Pistoletto (700mila sterline), quest’ultimo probabilmente destinato agli Stati Uniti.
Se il bilancio della trentesima edizione di Tefaf per i dealer italiani pare decisamente positivo, resta scioccante la doccia fredda all’apertura rappresentata dalla dichiarazione di Fabrizio Moretti: il pratese, quarant’anni compiuti da tre mesi, tra le altre prestigiose cariche anche unico italiano nel board dello stesso Tefaf, non si presenterà alla prossima edizione, chiuderà la galleria anche a Londra, dopo aver lasciato la piazza newyorkese, e il suo trasferimento a Montecarlo lo vedrà coinvolto diversamente sullo scenario del mercato dell’arte. Vedremo con quali nuove strategie.
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La natura morta di Bartolomeo Cavarozzi venduta da Colnaghi. La richiesta era di 5milioni di euro
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