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Sulla capacità di riconoscere Bernardo Strozzi

Sulla capacità di riconoscere Bernardo Strozzi

Camillo Manzitti, Anna Orlando

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Leggo su «Il Giornale dell’Arte» di gennaio uno scarno rendiconto di Anna Orlando sui risultati ottenuti dalla Wannenes nelle sue aste di novembre. Non senza stupore constato che l’articolo, nella prima metà, ne percorre molto rapidamente la sequenza, limitandosi a riportare il risultato globale d’ogni singola asta, salvo poi dedicare invece l’intera seconda metà a un dipinto caravaggesco, raffigurante la «Negazione di Pietro», proposto con l’attribuzione all’attività giovanile di Bernardo Strozzi, che ha quintuplicato la stima malgrado, secondo la giornalista, l’improbabile attribuzione, a cui, sempre a suo parere, non avrebbe creduto neppure chi se lo è conteso in asta. Più avanti la Orlando, con un ragionamento alquanto contraddittorio, spiega la forte lievitazione della cifra raggiunta dall’opera proprio con il «fascino dell’inedito, probabilmente lombardo, celato sotto falso nome». Di questo misterioso e ignoto pittore lombardo, la Orlando non azzarda alcun nome, ma si limita ad altre originali considerazioni, affermando che l’incertezza delle attribuzioni, che una volta dava «un’allure fascinosa» al settore (?), oggi invece sortirebbe l’effetto opposto di minare la fiducia di tanti investitori. La cosa più sorprendente dell’articolo mi sembra tuttavia che, a fronte del taglio essenziale e prettamente giornalistico della prima metà, inaspettatamente la Orlando indossi poi la veste di storica dell’arte, studiosa della pittura genovese, per manifestare il proprio parere contrario all’attribuzione a Bernardo Strozzi, ma senza motivarne le ragioni. Mi chiedo a quale titolo ritenga di esprimere senza alcuna argomentazione un parere negativo, a fronte di una scheda del catalogo ampiamente esplicativa, redatta su suggerimenti del sottoscritto, autore di una monografia, con catalogo ragionato su Bernardo Strozzi, edita da Allemandi nella collana «Archivi di Arte Antica». Tanto più che tale monografia, severa e rigorosa (circa 200 opere escluse e negate rispetto alle catalogazioni precedenti), è stata accolta dal mondo dell’arte senza ricevere contestazione alcuna. Tutte le maggiori case d’asta internazionali per le opere di Bernardo Strozzi si attengono a tale catalogo. Vero è, come Wannenes precisa nel catalogo, che si tratta di un’opera appartenente al primo tempo del pittore, e in una fase di sperimentazione cui notoriamente non sono estranei influssi sia della pittura caravaggesca, sia di quella lombarda. Il dipinto inoltre si presentava fortemente oscurato da una spessa patina di vecchie vernici ossidate, stese sulla pellicola pittorica nel corso dei secoli, che impedivano la visibilità di molti particolari solo a fatica distinguibili. In ogni caso, per tranquillizzare il fortunato acquirente del quadro, desidero ribadire che una volta sottoposto a pulitura e mondato della oscura patina delle vecchie vernici, avrà modo di felicitarsi con se stesso per il fortunato acquisto. Camillo Manzitti

Risponde Anna Orlando: «In occasione del passaggio in asta del dipinto molti mi avevano manifestato perplessità sull’attribuzione. L’abbinamento di un dipinto caravaggesco di Strozzi a un valore di 15-20mila (la stima) o 86.800 (l’aggiudicazione) è in entrambi i casi fuorviante. La questione da me sollevata vuole sensibilizzare sulla poca chiarezza dei dati che si riversano nei database dei risultati d’asta a cui si accede senza il vaglio critico che sarebbe necessario per valutare un dipinto antico».
 

Camillo Manzitti, Anna Orlando, 11 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

Sulla capacità di riconoscere Bernardo Strozzi | Camillo Manzitti, Anna Orlando

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