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Luigi Magnani con Giorgio Morandi (foto di Ugo Mulas)

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Luigi Magnani con Giorgio Morandi (foto di Ugo Mulas)

Storia di un’amicizia: Giorgio Morandi e Luigi Magnani

Il saggio del collezionista sull'artista è ripubblicato da Johan&Levi

Carlotta Venegoni

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Il mio Morandi di Luigi Magnani è ripubblicato con una prefazione di Stefano Roffi e racchiude, tra le sue pagine, i sentimenti di vera amicizia e stima che segnarono il rapporto tra il collezionista Magnani e l’artista Giorgio Morandi. Apparso per la prima volta nel 1982, il volume è testimonianza del profondo legame che legava i due fini pensatori, entrambi contemplatori metafisici di spazi, di natura e di luce. L’opera di Morandi è nota per la costante ricerca dell’anima delle cose. Il «regista di nature morte» predisponeva le bottiglie, privandole della luce (dipingendo i vetri all’interno, per renderli opachi) e le isolava dal loro contesto: l’oggetto diveniva pretesto per una ricerca più profonda, era reso forma pura, capace di esprimere l’essenza stessa di sé.

«Quelle loro umili parvenze costituivano soltanto l’impalpabile involucro che riveste la forma, che le nobilita e le fa assurgere alla dignità della pittura»: Luigi Magnani ne fu fin da subito affascinato e tra loro nacque un affettuoso legame di grande consonanza spirituale che portò, tra l’altro, anche alla formazione di un nucleo significativo di opere, cinquanta, conservate, insieme a capolavori di Dürer, Tiziano, Rubens, Goya, Monet, Renoir, Canova e Cézanne, all’interno della Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo (Pr).

Il libro si compone del saggio di Magnani, in cui si racconta dell’uomo Morandi oltre che del pittore, e di un carteggio che l’artista scrisse al critico a partire dal 1942 sino alle ultime lettere, firmate dalla sorella Dina Morandi, del luglio del 1964, dopo la morte di Giorgio. Le memorie di Magnani lasciano trapelare la natura umana del pittore bolognese.

La «delicata umanità», la «semplicità austera», la moralità che contraddistinguono Morandi uomo si riflettono nella sua arte, giudicata dalla critica del tempo inattuale. Un’arte che l’autore volutamente dedicava solo a «quei pochi che sentiva partecipi del suo mondo». Un uomo contemplativo, di grande profondità intellettuale, legato a un universo di fantasie creative complesse, capace di immaginare e reinventare l’oggetto slegandolo dalla sua primaria funzione d’utilizzo.

Magnani ha colto questa sfumatura del percorso artistico concettuale di Morandi e, traducendola in parole, l’ha consegnata in queste pagine fondamentali. Il mio Morandi, arricchito da una postfazione di Daniela Ferrari sulla critica morandiana, è pertanto un’attenta disanima della produzione artistica, il racconto di un’amicizia, un saggio di critica di alta raffinatezza e, anche, un’esperienza vicina alla poesia.

Il mio Morandi, di Luigi Magnani, 148 pp., ill. col.e b/n, Johan&Levi, Monza 2020, € 17

Luigi Magnani con Giorgio Morandi (foto di Ugo Mulas)

Carlotta Venegoni, 27 settembre 2020 | © Riproduzione riservata

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