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3 miliardi di dollari (circa 2,4 miliardi di euro) era il valore stimato delle opere esposte dalle 267 gallerie che dal 4 al 7 dicembre hanno esposto alla tredicesima edizione di Art Basel Miami Beach e i collezionisti, con una congrua e munifica rappresentanza sudamericana, si sono dati da fare per spartirsi la torta.

La cronaca di un successo annunciato è scandita dall’entità delle transazioni intorno al milione di dollari (870mila euro): era il prezzo ottenuto da Gmurzynska per un dipinto murale di Picasso, «Venere e Amore», già nella collezione di Frederick Hughes, il business manager di Andy Warhol; la stessa galleria piazzava un grande dittico di Robert Indiana di eccellente datazione (1959), a 1,7 milioni di dollari (1,3 milioni di euro). Intorno a quota un milione la Skarstedt Gallery di New York e Londra piazzava un’opera su carta del 2000 di Polke e un lavoro fotografico di Richard Prince del 1984; stesso prezzo per un dipinto di Bridget Roley da David Zwirner e per un Kiefer del 2011 da Thaddaeus Ropac. L’asticella saliva per una scultura di John Chamberlain, «Miss remember Ford» (1964), ceduta intorno ai 4 milioni di euro dalla Mnuchin Gallery (dove prendeva il volo anche un «Mao» di Warhol a 3,6 milioni di euro), o per «Love Remembered», una vetrinetta con farmaci di Damien Hirst del 2007, per la quale la White Cube otteneva 5 milioni di euro.

Molto richiesti anche i Basquiat di qualità, come quello venduto da Van de Weghe per 4,5 milioni di euro, ma anche le opere di un suo attuale collega che stilisticamente gli deve molto, quell’Oscar Murillo andato a ruba nei primi 10 minuti di apertura della fiera per 145mila euro da David Zwirner. Resta invece top secret la cifra sborsata da Leonardo Di Caprio per un’opera di Frank Stella del 1973 in vendita da Marianne Boesky. Né è dato sapere se l’attore abbia concluso anche l’acquisto di un disegno di Picasso per il quale si stava consultando con Helly Nahmad. Tutto secondo copione, insomma, per la gemella glamour di Art Basel. E conferme anche per l’arte italiana. Il lancio internazionale di Paolo Scheggi continua a ottenere ottimi risultati se da Tornabuoni una sua opera, stando al titolare Michele Casamonti, batteva il record di 608mila euro ottenuto lo scorso maggio all’asta Dorotheum di Vienna. Nello stesso stand si registrava inoltre la vendita, a un prezzo non rivelato, di un grande formato di Bonalumi.


Samba e tango

Da Brasile, Argentina e Venezuela vengono, come tradizione, i collezionisti che assicurano ad Art Basel Miami un’importante parte di fatturato. Ma la fiera è anche un’eccellente occasione per vedere opere di artisti latinoamericani. Sebbene Mora Bacal della galleria Benzacar di Buenos Aires lamenti la sottovalutazione che ancora danneggia gli artisti sudamericani, sembra che anche per loro sia arrivato il momento della riscoperta, anche se spesso sono collezionisti di altri continenti i più interessati: alle aste di Sotheby’s e Christie’s dello scorso novembre, due top lot, un dipinto di Botero del 1989 e uno di Wifredo Lam del 1944, sono stati acquistati da un acquirente russo.

Inoltre sono in programma diverse mostre dedicate all’arte dell’America del Sud, le più importanti delle quali saranno «Under the Same Sun: Art from Latin American Today», organizzata dalla Guggenheim Foundation, che sarà allestita da aprile a giugno nel Museu de Arte Moderna di San Paolo e, in autunno, nel Museo Jumex a Città del Messico, e, ancora più attesa, nel 2017, «Pacific Standard Time: Los Angeles and Latin America», un insieme di 46 esposizioni organizzate dal J. Paul Getty Trust in tutta la California. Non sorprende che alcuni artisti inclusi nelle due mostre abbiano riscosso un notevole successo ad Art Basel Miami. Cecilia de Torres, gallerista di New York, ha venduto ad esempio opere di artisti facenti parte di un workshop fondato nel 1943 dall’uruguaiano JoaquÍn Torres-GarcÍa, tra le quali «Costruzione in legno» (1962) di Francisco Matto a 180mila euro. James Cohan ha ceduto stampe di Beatriz Milhazes, alla quale il Pérez Art Museum di Miami ha dedicato una retrospettiva in concomitanza con la fiera, a prezzi dai 12mila al 120mila euro. Alison Jacques ha invece trovato numerosi acquirenti per i collage di Lygia Clark, quotati dai 160mila a 240mila euro.



Carta moneta

Un’altra conferma da Miami riguarda il crescente successo delle opere su carta, un tempo relegate in un ruolo ancillare rispetto a tele, sculture e installazioni. Le quotazioni si sono adeguate in fretta, con cifre a sei zeri. Uno smalto su carta di Christopher Wool del 1994 veniva venduto a più di 1,2 milioni di euro da Dominique Lévy durante il preview vip. Hans Meyer vendeva «Untitled (Palm Tree, 6/6/14)» di Robert Longo tra i 240mila e i 320mila euro. Le opere su carta, peraltro, sono al centro dell’attenzione anche nei più importanti musei, con mostre come «Henri Matisse: the Cut-Outs» al MoMA (fino all’8 febbraio) e «Drawing in Silver and Gold: Leonardo to Jasper Johns» alla National Gallery of Art di Washington, in programma dal 3 maggio al 26 luglio.

Con un mercato dell’arte che tocca livelli record, i collezionisti che non possono più permettersi di comprare quadri potrebbero riuscire ancora ad acquistare opere su carta di pregio. Un quadro di Ed Ruscha ha di recente superato quota 24 milioni di euro in asta; un suo disegno, «We’re This and We’re That» (1982) veniva venduto a Miami dalla galleria Franklin Parrasch a 340mila euro. «I disegni non sono più discriminati; è normale in un mercato nel complesso molto forte», spiega la consulente d’arte Wendy Cromwell, ex specialista di opere su carta per Sotheby’s.

Ma perché mai un collezionista dovrebbe voler spendere così tanto per opere fragili e sensibili alla luce? «Anche quando sono di grandi dimensioni, i disegni hanno un’intimità che affascina», dichiara il collezionista Mihail Lari. «Le opere su carta sono poi più robuste di quanto sembrino», aggiunge Michael Jenkins, socio di Sikkema Jenkins, che vendeva un’opera di Kara Walker, «Confectionary» (2014), a 240mila euro. L’artista Camille Henrot, le cui opere erano vendute da Kamel Mennour a cifre tra i 16mila e i 30mila euro, preferisce la carta alle tele: «Il disegno, spiega l’artista, offre la connessione più diretta tra l’idea e l’oggetto fisico». Pablo Vargas Lugo, secondo il suo gallerista Rodrigo Feliz, «è un pittore che dipinge con lo scalpello», ma predilige la carta: lo stesso mercante vendeva due suoi collage a 16mila euro l’uno.

Redazione GDA, 12 gennaio 2015 | © Riproduzione riservata

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