Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Redazione GDA
Leggi i suoi articoliVittorio Gigliotti è morto il 24 settembre a Civitella Alfedena, nelle montagne d’Abruzzo che tanto amava, dove aveva una casa.
Era nato a Salerno il 25 maggio 1921 e si era laureato a Napoli nel 1947 in Ingegneria civile.
Nel 1958 promuove e dirige i restauri della chiesa medievale di San Felice in Felline (Salerno). Due anni dopo è chiamato a Roma da Bruno Zevi, con il quale costituisce lo Studio d’architettura AZ, in via Nomentana.
Assieme a Zevi progetterà e dirigerà i lavori, tra l’altro, della biblioteca Einaudi a Dogliani (Cuneo), collaborando anche alla rivista zeviana «L’Architettura. Cronache e storia». I lavori per Einaudi gli permettono di entrare in contatto con Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Carlo Levi e Mario Soldati.
Nel 1964 costituisce con Paolo Portoghesi un sodalizio professionale che si svilupperà in oltre trent’anni di collaborazione, il cui frutto maggiore è la moschea di Roma, progettata nel 1976 ma terminata nel 1995, simbolo di un’ibridazione dei linguaggi tra l’architettura occidentale e il mondo islamico, e dunque di dialogo pacifico tra le culture.
Precedentemente Gigliotti e Portoghesi avevano firmato, tra l’altro, i progetti di casa Andreis a Scandriglia (Rieti, 1965), della Biblioteca Ignazio Silone di Avezzano (L’Aquila, 1969) e della chiesa della Sacra Famiglia a Salerno (1969-75), tutte impostate sulla fluenza di segmenti curvilinei disegnati su un «sistema di centri».
Nel 1964 e nel 1967 due grandi mostre romane, rispettivamente su Michelangelo e Borromini, per le quali assiste Portoghesi nell’allestimento. Il lavoro svolto assieme sarà documentato nel 1969 in una mostra itinerante tra Germania, Francia e Norvegia, e successivamente dalla monografia di Christian Norberg-Schulz, Architetture di Paolo Portoghesi e Vittorio Gigliotti (Officina Edizioni, Roma 1982). Il volume illustra anche i progetti per l’aeroporto di Khartum (Sudan) e per la Reggia di re Hussein ad Amman (Giordania). Nel 1984 segue la progettazione del Centro internazionale di studi sulla civiltà eleatica ad Ascea (Salerno), mentre nel 1986, da indipendente, progetta la chiesa di San Lorenzo a Caposele (Avellino), terminata solo nel 2008: al posto dell’antico tempio ridotto in macerie dal sisma irpino del 1980, Gigliotti elabora una soluzione secondo andamenti curvilinei ispirati allo spettacolo dell’acqua che sgorga tumultuosa dalla sorgente del fiume Sele, sita nei pressi: metafora dell’acqua evangelica citata da un’iscrizione in facciata.
Nel 1989, dopo aver ridisegnato la sistemazione dei giardini dell’antica Certosa di Padula, Gigliotti riceve dalla Society of Engineering di Londra il premio «Ingegnere europeo» per le tecnologie adottate nella realizzazione della moschea di Roma.
LaraVinca Masini, nell’introduzione al catalogo della mostra di Salerno del 1998 «Opere di Ingegneria architettonica di Vittorio Gigliotti 1950-1997», spiega che in lui «l’esperienza tecnico-scientifica si è trasformata in una conoscenza più vasta, più aperta, più “umana” e “umanistica”, riuscendo a trasformare la teoria in forma, l’ingegneria in architettura».

Vittorio Gigliotti
Altri articoli dell'autore
L’Associazione archeologi del Pubblico Impiego (Api-MiBact) ha inviato una nota al Ministero della Cultura e a quello della Funzione Pubblica, nonché ai membri delle Commissioni cultura di Camera e Senato, per esprimere il proprio dissenso per il bando per 75 posti nell’area dell’elevate professionalità (Ep), le cui domande di partecipazione vanno presentate entro il 26 giugno
Il premio Nobel e il direttore del Museo Egizio si sono incontrati per parlare di musei e romanzi: «Sono simili: sono i “luoghi” in cui avviene l’interpretazione del significato della nostra vita, nei quali riflettere su sé stessi»
Anche quest’anno Tag Art Night, la Notte delle Arti Contemporanee, propone un palinsesto di mostre diffuse sul territorio cittadino
Rimodulate le competenze e modificato la struttura organizzativa: dal Segretariato generale al modello dipartimentale