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Il nuovo Museo dell'Arte Salvata ospiterà temporaneamente opere «salvate» nell'attesa che vengano restituite ai luoghi d'origine. Foto Roberto Serra

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Il nuovo Museo dell'Arte Salvata ospiterà temporaneamente opere «salvate» nell'attesa che vengano restituite ai luoghi d'origine. Foto Roberto Serra

Roma ha un nuovo museo: ospiterà opere «salvate»

Nella grande sala ottagona delle Terme di Diocleziano apre al pubblico il Museo dell'Arte Salvata con un'esposizione di straordinari reperti archeologici riportati nel nostro paese dal Comando Carabinieri Tpc

Arianna Antoniutti

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Roma ha un nuovo museo. Si tratta del Museo dell’Arte Salvata, che apre oggi al pubblico nell’Aula ottagona del Museo nazionale romano. Come annunciato nell’aprile scorso dall primo promotore del progetto Dario Franceschini, in occasione della restituzione all’Archivio di Stato di Siena di una biccherna illecitamente esportata in Germania, il museo è destinato a ospitare temporaneamente opere «salvate», fino alla restituzione ai rispettivi luoghi di appartenenza.

Ma cosa si intende per arte salvata? È l’arte rientrata in Italia grazie all’intervento del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, o con il sostegno della diplomazia culturale, o ancora sono le opere recuperate fra le macerie dei terremoti, senza infine dimenticare i ritrovamenti fortuiti di antichità, e i capolavori restaurati dall’Istituto centrale per il restauro.

«Questa iniziativa che qui portiamo a compimento, ha detto Franceschini presentando il Museo alla stampa, nasce come idea nel 2015 durante il mio primo mandato, quando venne esposto in mostra a Cerveteri il cratere di Eufronio. Il vaso sarebbe dovuto restare a Cerveteri solo qualche mese, per poi tornare al Museo di Villa Giulia, invece decidemmo di lasciarlo in permanenza al Museo nazionale Cerite, dove è divenuto un simbolo della città stessa. Siamo certi della capitale importanza di riportare le opere al loro luogo di appartenenza».

Qui, nella grande sala ottagona delle Terme di Diocleziano, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, resteranno dunque visibili fino al 15 ottobre, per la prima iniziativa espositiva del museo, straordinari reperti archeologici riportati nel nostro paese, dagli Stati Uniti, dal Reparto Operativo TPC nel dicembre dello scorso anno.

I reperti, più di duecento, erano stati sequestrati presso musei, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Una selezione di essi, suddivisi in dieci vetrine tematiche, offre la possibilità non solo di ammirare preziosi oggetti, di diverse culture dell’Italia centrale e meridionale preromana, ma anche di riflettere sui danni irreparabili inferti al patrimonio dal traffico illecito di beni culturali.

«Questo è un museo che ha una sede fissa, ha detto il direttore del Museo nazionale romano Stéphane Verger, ma non una collezione stabile, essa infatti si rinnoverà periodicamente. In questa occasione, per noi archeologi, è un museo dell’arte ferita, perché le opere qui esposte sono state private dei contesti di rinvenimento e di appartenenza. In assenza di dati precisi, non possiamo escludere che alcuni reperti siano il frutto di una falsificazione, in qualche caso ridipinti, in altri casi, forse, del tutto falsi. Ma questo elemento costituirà un interessante spunto didattico per il museo stesso».

Massimo Osanna, direttore generale Musei, ha aggiunto in proposito: «Sarà un museo dinamico, grazie al quale si farà ricerca e attività di valorizzazione, con le puntuali indagini diagnostiche che saranno effettuate sui reperti, e con gli incontri di studio che verrano organizzati. Il Museo dell’Arte Salvata nasce grazie a una rete di rapporti fra istituzioni, il nostro patrimonio è fragile: necessita una tutela condivisa».

«La bellezza è spesso rincorsa dai predoni ha concluso il generale Roberto Riccardi, Comandante Carabinieri TPC, ma i musei, luoghi sacri alle muse, servono a offrire questa bellezza a tutti. “C’era bisogno di un altro museo?”, diranno i detrattori. La risposta è sì, perché l’arte bisogna non solo produrla, ma proteggerla: parafrasando George Orwell, chi preserva il passato, preserva il futuro».

Al termine dell’esposizione, grazie al sostegno della Direzione generale Musei, le opere saranno collocate tra il Museo archeologico nazionale di Taranto, il Museo nazionale archeologico cerite di Cerveteri e Tarquinia, e lo stesso Museo nazionale romano.

Tra i reperti in mostra figurano una serie di terrecotte architettoniche dipinte tardo arcaiche (fine VI-inizio V sec. a.C.), e un magnifico gruppo di giare in ceramica d’impasto rosso sovradipinto in bianco, di produzione etrusca, tra cui spicca la grande giara con scena dell’accecamento di Polifemo (terzo quarto del VII sec. a.C.). Da una stipe votiva depredata in Etruria meridionale, o forse nel Lazio, provengono invece le teste in terracotta datate fra il IV e il III secolo a.C., e dalla Sicilia le tre rarissime monete d’argento di V secolo a.C.

Il nuovo Museo dell'Arte Salvata ospiterà temporaneamente opere «salvate» nell'attesa che vengano restituite ai luoghi d'origine. Foto Roberto Serra

Arianna Antoniutti, 16 giugno 2022 | © Riproduzione riservata

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