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Daniele Pittèri

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Daniele Pittèri

Ritorno al futuro | Daniele Pittèri

La parola ai professionisti della cultura sui tempi che verranno

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Redazione GDA

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«Che cosa succederà nel mondo della cultura? È una bella domanda alla quale io non riesco a rispondere se non con una lunga serie di domande.
• Sarà questa l’occasione per dare alla cultura italiana ciò che le manca?
• Riusciranno le istituzioni culturali a creare un rapporto stabile, duraturo e dinamico con le comunità e le persone che vivono i territori?
• Rinascerà la capacità e la voglia di innestare processi culturali volti al cambiamento e alla trasformazione?
• Riuscirà la cultura a liberarsi dalla sudditanza alla politica e a smetterla di rincorrere l’opinione comune?
• Si riuscirà a trovare una dimensione in cui fare cultura non significhi solo confezionare prodotti culturali da vendere ai turisti?
• Si riusciranno a creare reti territoriali collaborative fra istituzioni grandi e piccole e tessuto culturale, che vadano oltre la logica del mantenimento di posizioni di rendita?
• Si riusciranno a semplificare i processi gestionali e amministrativi e a far sì che il settore goda di quell’elasticità di cui ha terribilmente bisogno?
• Si costruirà una vera dimensione digitale, cogliendone a pieno le potenzialità, facendo sì che l’enorme quantità di dati si trasformi in humus per le scuole, le università, le persone, le imprese, le organizzazioni?

Quello che percepisco in questi giorni è l’ansia di un ritorno alla normalità che, se psicologicamente è comprensibile, non mi pare debba costituire l’obiettivo prioritario, se la normalità è il ritorno alla fragilità e all’inconsistenza che c’era prima del virus. Certo, la preoccupazione per i destini di migliaia di lavoratori è forte. Ed è sicuramente prioritario pensare a loro e quindi ricostruire le condizioni affinché possano nuovamente agire e lavorare.

Ma approfittiamo per ricostruire su basi nuove, recuperando innanzitutto la consapevolezza che fare cultura significa sporcarsi le mani per cambiare, trasformare, anche problematicamente, le cose, i rapporti sociali, le dinamiche produttive, le relazioni, il destino dei territori e delle persone. Se lo faremo e ci riusciremo, beh, allora questa crisi sarà servita a qualcosa».

L'autore è direttore generale Fondazione Modena Arti Visive

Redazione GDA, 27 marzo 2020 | © Riproduzione riservata

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