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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliMi sto interrogando, giorno dopo giorno, su come riaprire il teatro quando riapriremo (perché prima o poi riapriremo, è certo). E ogni giorno sento che non è ancora il momento di progettare il futuro. Ora l’importante è vivere dentro questo strano presente e non sfuggire, né guardando indietro alle cose fatte (o forse sì, solo un po’ per capirle meglio, ma non troppo a lungo), né correndo in avanti quando non abbiamo ancora fino in fondo la coscienza di quello che sarà cambiato, e soprattutto di quello che sarà cambiato in meglio.
Certo, non è che io riesca a ignorare la responsabilità, che come non mai sentirò, di convocare a pagamento il pubblico per ascoltare quello che avremo programmato di raccontargli, o di come sapremo parlare dal palcoscenico a una sala di persone ancora frastornate. E soprattutto siamo sicuri che appena ci diranno che si possono riaprire le porte (come riaprire le braccia per accogliere l’altro in un abbraccio) siamo così sicuri, dicevo, che il pubblico privato da tempo delle sue serate teatrali accorrerà come si corre incontro a una persona che non vedi da troppo tempo?
Allora io oscillo tra un grande inno a Milano in tutte le nostre sale e canzoni (anche lezioni di canto singole o collettive) e un festival della comicità perché riuscire a ritrovare il gusto della risata intelligente diventerà importante dopo tanti pensieri che, anche per chi non se n’è accorto, si sono nutriti dal profondo delle nostre ansie. Ecco, la vera domanda che mi faccio (e sto parlando da artigiana del Teatro) è se chiedere a tutti i personaggi noti, i nostri amici, di venire a raccontare come hanno trascorso questo tempo «ritrovato» (?), questo tempo in cui non si sentivano più di essere, di esistere.
Perché che cos’è un attore che non recita, una persona di teatro senza teatro? È come chiedere a un contadino di esistere lontano dalla sua terra... Ce la farà, ma diventerà un altro e ci vorrà molto tempo perché sappia che cos’è diventato... Allora il tema è parlare o non parlare più e trovare la freschezza di un linguaggio nuovo, pieno di spinte positive, verso una vita che dovrà trovare un nuovo senso.
L'autrice è direttrice artistica del Teatro Franco Parenti di Milano
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