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Carlo Avvisati
Leggi i suoi articoliFerrara. Paolo Giulierini, direttore del Mann e l’archeologa Luigia Melillo, responsabile del Laboratorio di Restauro del Museo napoletano, hanno presentato a Ferrara al XXIV Salone dell’economia, della conservazione delle tecnologie e della valorizzazione dei Beni Culturali e Ambientali documenti inediti sul distacco e il trasporto del «Gran Musaico Pompeiano» (di 5,82x3,13 m, oltre un milione di tessere) di Alessandro il Grande alla battaglia di Isso, dalla casa del Fauno a Pompei, dov'era stato rinvenuto nel 1831, al Real Museo Borbonico nel Palazzo degli Studi di Napoli, come nell'Ottocento si chiamava l’attuale Museo Archeologico Nazionale napoletano.
Si tratta di una relazione, inviata a Ferdinando di Borbone, tramite il ministro dell'Interno Nicola Santangelo, dal mosaicista romano Vincenzo Raffaelli, direttore dei «musaici del Vaticano», sullo stato di conservazione dell’opera e sulla possibilità di spostarla dall’esedra dove si trovava per portarla al museo di Napoli. Spostamento che secondo l’esperto non andava fatto; Raffaelli si diceva infatti «fermamente convinto che il mosaico debba rimanere in sito, questo è il posto dove fu lavorato e qui soggiorna inalterabile da tanti secoli». Tuttavia, sempre Raffaelli era dell'idea che qualora si fosse pensato di trasferire l’opera questa dovesse essere sezionata. Ferdinando II si preoccupò di raccomandare a Pietro Bianchi, l'architetto della Real Casa incaricato della direzione degli scavi di Pompei, Ercolano e Paestum, «di badar bene a quello che si facea, perché questo monumento non era nostro, ma dell’Europa, ed alla intera Europa doveasi dar conto delle nostre operazioni».
Il mosaico venne quindi ingabbiato in una struttura di legno, appositamente ideata, trasportato a Napoli nel 1843 su un carro ferroviario trainato da otto coppie di buoi e sotto scorta. Durante il la cassa cadde due volte: nel Foro, a Pompei, e presso Torre del Greco, anche se alla fine il mosaico pompeiano approdò al museo napoletano in discreto stato. Sono state anche ritrovate le lastre fotografiche che testimoniano il trasferimento dell'opera, tra il 1916 e il 1917, dal piano terra del museo all’ammezzato. Documenti che fanno luce per la prima volta sul delicato spostamento del mosaico e sulle soluzioni tecniche utilizzate.
«Questo, ha sottolineato Giulierini, è il risultato di studi e ricerche del Laboratorio di restauro del Mann» un vero e proprio dipartimento del museo, suddiviso in cinque settori nel quale 22 lavorano operatori. Il direttore ha anche annunciato che «dal prossimo maggio il museo si arricchirà di ulteriori quattro nuovi laboratori attrezzati per effettuare al meglio interventi di restauro e recupero di pezzi il cui valore è unico al mondo».

Il grande mosaico di Alessandro oggi al Mann

Il mosaico di Alessandro a pavimento nella Sala della Flora del Museo di Napoli, 1886-1900

La cassa contenente il mosaico sollevata per essere trasferita in un'altra sala del museo di Napoli (1916)
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