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«Monumento per un poeta morto», di Tano Festa. Cortesia Archivio Fotografico Antonio Presti

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«Monumento per un poeta morto», di Tano Festa. Cortesia Archivio Fotografico Antonio Presti

Presti: chiuso l’«Atelier sul Mare», sospeso il previsto festival

A più di un mese dalla chiusura del suo «albergo» in Sicilia, Antonio Presti spiega le sue ragioni e riflette sul senso dell’arte e sul valore dell’arte pubblica. Tutto fermo per l’annunciata Triennale della Contemporaneità

Giusi Diana

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La chiusura dell’attività il 14 luglio, si spera temporaneamente, e la conseguente sospensione delle visite al pubblico di una delle collezioni più originali d’arte contemporanea site specific, l’«Atelier sul Mare», il museo albergo inaugurato da Antonio Presti il 20 maggio 1990, ha suscitato un’ondata di indignazione (con quasi 3mila firme per una petizione online) e una gara di solidarietà che riporta alla memoria episodi già vissuti, in anni di militanza culturale, dal mecenate artista nato a Messina nel 1957.

In maggio, a seguito di un controllo dei Nas (Nucleo antisofisticazioni e sanità) di Catania, Presti è stato multato e gli sono state imposte modifiche e alcuni adeguamenti alla struttura per motivi di sicurezza. Nonostante il tentativo di porvi rimedio, il Comune di Tusa gli ha ordinato la chiusura per tre mesi, facendo saltare di fatto l’intera stagione estiva. Da qui la decisione di chiudere l’attività e di licenziare il personale.

La storia travagliata della «Fiumara d’Arte», la sua creatura più conosciuta (anche a causa delle vicende giudiziarie) e uno dei Parchi di sculture più importante d'Italia e uno dei più estesi in Europa, ha fatto giurisprudenza e rappresenta una pietra miliare nella storia dell’arte pubblica italiana nella sua accezione più vasta. «Fiumara d’Arte» sorge sul territorio in cui scorreva l’antico fiume Tusa (da qui «Fiumara»), attraversando i comuni di Castel di Lucio, Motta d’Affermo, Mistretta, Pettineo, Reitano e Tusa fino a sfociare al mare, dove si trova l’«Atelier sul Mare».

Il parco artistico è stato riconosciuto ufficialmente dalle istituzioni solo 25 anni dopo la sua nascita, il 6 gennaio 2006, con una legge regionale che assicura la tutela per legge delle opere; ossia il diritto alla conservazione, fruizione e valorizzazione, ponendo fine a un braccio di ferro iniziato sul finire degli anni ’80. La prima delle sculture fu «La materia poteva non esserci» di Pietro Consagra posta sull’antico letto del fiume, perseguita per anni perché accusata di deturpare il territorio, salvo poi costruire un gigantesco viadotto in sfregio a quel paesaggio di rara bellezza.

Stessa sorte per le altre opere, tra cui nel 1989 l’eclatante episodio della Forze dell’Ordine che sequestrano durante l’inaugurazione l’opera di Hidetoshi Nagasawa «Stanza di barca d’oro». I reati contestati per l’opera di Nagasawa, per «Energia mediterranea» di Antonio Di Palma e «Labirinto di Arianna» di Italo Lanfredini sono caduti solo dopo molti anni in prescrizione.

Non è la prima volta che Presti chiude una delle «sue» opere come atto etico ed estetico
, rivendicando il diritto dell’arte a essere riconosciuta dalla società, nella sua evidente anomalia (che è poi il suo statuto ontologico). Era già successo con «Monumento a un poeta morto» (1989, detta «Finestra sul Mare»), l’opera di Tano Festa che nel 1993 una sentenza della Corte di Appello di Messina aveva ordinato di demolire per abusivismo edilizio, poiché costruita su demanio marittimo, poi salvata in extremis l’anno successivo da una sentenza della Corte di Cassazione. Nel 2005, quando le monumentali opere erano già a rischio usura e la manutenzione indispensabile, Presti fece coprire con un enorme telo blu la «Finestra sul mare» scrivendo in diverse lingue «chiuso».

Antonio Presti, che effetto fa dopo tanti anni lottare di nuovo per difendere il diritto all’arte, in una regione come la Sicilia che ha pochissime collezioni pubbliche d’arte contemporanea?

Sembra un déjà vu. Dopo quarant’anni ci sono sempre delle prove da affrontare, ma ho scelto il valore della differenza, restituito dall’impegno civile e dall’idea di bene comune. La coerenza necessita di prove, ed è in certi momenti che l’eretico si attiva. Tutto parte dal fatto che alla mia età non mi interessa il riconoscimento, come ogni eretico non sono né vittima né eroe, non sono «anti» e non sono «contro», sono «altro». Ho 70 anni, dopo 40 anni loro cercano ancora di normalizzarmi. L’arte non si deve mai fare normalizzare. In questi anni sono stato incriminato per avere voluto donare alla Sicilia delle opere d’arte. Ed è quello che vorrei fare anche con l’«Atelier sul Mare», ma ora è tutto sospeso.
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Che cosa ne sarà della Triennale della Contemporaneità annunciata lo scorso luglio, che avrebbe dovuto avere proprio l’Atelier come sede permanente?

La consegna dell’Atelier al Comune di Tusa andava in questo senso, ma al momento è tutto sospeso. Per diventare un museo e poi essere donato alle istituzioni mancano all’appello ancora 20 stanze (20 sono stanze d’artista, mentre 20 sono camere standard, Ndr), non è pensabile che io lasci l’opera a metà. Diventerà l’ultima opera della «Fiumara d’arte» e sarà svolta in collaborazione con Università, accademie e scuole. Dal bisogno dell’arte di rivolgersi a qualunque contemporaneità (anche futura) nasce l’idea della Triennale come museo dinamico, con un Comitato che ogni tre anni seleziona i progetti per le nuove stanze d’arte che verranno sostituite per ogni edizione. Mentre le 20 camere storiche verrebbero affidate a una scuola di restauro, perché la memoria si rispetta con la conservazione. L’unica necessità contemporanea, cui può fare fronte ancora l’arte, è quella di educare attraverso un processo maieutico, contro la dittatura dell’ignoranza e dell’analfabetismo emozionale delle giovani generazioni causato anche dai social. Ecco perché il coinvolgimento di scuole, università e accademie.

Parliamo di Librino, il quartiere di Catania dove porta avanti da 15 anni progetti d’arte pubblica di grande impatto sociale. È proprio qui che lei inaugurerà un nuovo cavallo eretico di Antonello Bonanno Conti.

L’ultima opera che ho donato a Librino, «La Porta delle Farfalle», inaugurata in aprile, è un’opera condivisa, il frutto di quattro anni di laboratori. Hanno partecipato 20mila persone di Librino: le mamme, i bambini e le associazioni del territorio, oltre a studenti di 20 licei artistici siciliani. Lei mi chiederà: come si arriva a una partecipazione così alta in un quartiere ritenuto difficile? Parlando al cuore, incontrando personalmente la gente. Hanno realizzato, insieme agli artisti, un bassorilievo ceramico lungo 2 chilometri composto da migliaia di formelle. Il medium artistico serve a toccare lo spirito di migliaia di persone, che per l’inaugurazione piangevano per la commozione. L’opera è la gente di Librino. Il «Cavallo eretico» di Antonello Bonanno Conti, che si trovava davanti all’Atelier e che ho disallestito, questa volta rinascerà a Librino. Sto lavorando insieme all’artista per realizzare un «Pegaso» alato alto 12 metri.

A che punto è il completamento del progetto di restauro delle opere di «Fiumara d’Arte»?

È un progetto a cui tengo molto, ma è anche un’altra spina nel fianco. A causa dello scioglimento del comune di Mistretta per mafia si è bloccato tutto (i lavori di restauro erano stati al centro di un’indagine conclusasi con l’operazione «Concussio», che nell’aprile 2018 portò in carcere 14 soggetti ritenuti colpevoli di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori, Ndr).

«Il nido», di Paolo Icaro. Cortesia Archivio fotografico Antonio Presti

Giusi Diana, 23 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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