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Premiati e mappati

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Nato nel 2000, il Premio Furla festeggia i quindici anni e la sua decima edizione. Voluto da Giovanna Furlanetto, presidente della casa di moda cui è intitolato il premio e diretto sin dall’esordio dall’ideatrice, Chiara Bertola, dopo Venezia e Bologna, il premio arriva quest’anno a Milano, a Palazzo Reale, con la mostra «Growing Roots» che, dal 5 marzo al 12 aprile, presenta in dieci sale degli Appartamenti di Riserva le personali dei vincitori di ogni edizione: Sislej Xhafa, Lara Favaretto, Sissi, Massimo Grimaldi, Pietro Roccasalva, Luca Trevisani, Alberto Tadiello, Matteo Rubbi, Chiara Fumai e Maria Iorio-Raphael Cuomo, questi ultimi premiati nell’ultima edizione. Il premio quest’anno consiste in una residenza di sei mesi a Città del Messico, in una mostra a Palazzo Querini Stampalia a Venezia in occasione della Biennale e nella produzione e acquisizione del progetto vincitore da parte della Fondazione Furla, che poi darà l’opera in comodato al Museo del ’900 di Milano.
Giovanna Furlanetto, nel 2000 erano davvero pochi gli imprenditori che si impegnassero a vantaggio della giovane arte italiana. Che cosa la spinse a farlo?
Fu il mio personale amore per l’arte e il desiderio di restituire qualcosa all’Italia, il Paese in cui il marchio Furla ha costruito la propria identità portandola sul palcoscenico internazionale. Il mio desiderio si è concretizzato grazie all’incontro con la curatrice Chiara Bertola alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia e ha preso la forma di un premio per giovani artisti. Era, ed è, un progetto ambizioso, più di un semplice premio: mappare la giovane creatività attraverso un meccanismo autorevole che coinvolge esperti internazionali e dare ai talenti emergenti un’occasione di crescita e di visibilità in Italia e all’estero.
Perché Milano, dopo la Querini Stampalia di Venezia e Bologna, dove Furla è radicata e che vanta eccellenti istituzioni per il contemporaneo?
Desideravamo un palcoscenico di visibilità più internazionale. Inoltre, con l’acquisizione di Palazzo Ricordi, Furla ha spostato alcune funzioni strategiche su Milano, che diviene oggi la nostra piattaforma allargata per meglio dialogare con i mercati esteri. Oggi il nostro fatturato è all’86%  fuori dall’Italia (il Giappone ad esempio pesa per noi quanto il nostro Paese), ma è altrettanto importante che la visibilità della generazione di artisti che abbiamo mappato esca dai nostri confini.
Quali sono le ricadute d’immagine del mecenatismo culturale su un’azienda come la vostra?
Specialmente nel settore moda e lusso, al contrario di quindici anni fa, la sinergia tra mondo dell’arte e mondo della moda è oggi più che mai conclamata. Insieme rappresentano la punta di diamante della ricerca, dell’innovazione e della creatività, così importanti nella realtà economica del settore e del nostro Paese. In questo senso sicuramente le ricadute, non tanto di business ma di immagine, possono essere molto buone: anche noi ce ne siamo accorti lungo la strada, così come ci siamo accorti di avere fatto da apripista a tante altre aziende nel corso di questi anni.

Ada Masoero, 03 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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