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Christian Stein riesplora il «suo» Luciano Fabro
Divisa nelle due sedi di corso Monforte 23 a Milano, in Palazzo Cicogna Mozzoni, e di via Vincenzo Monti 46 a Pero, continua fino al 26 marzo da Christian Stein una mostra di Luciano Fabro (1936-2007), scultore e teorico fra i più sperimentali, riflessivi (e ironici) della seconda metà del XX secolo. È la prima importante rassegna dedicata in Italia all’artista dopo la sua scomparsa; si deve infatti al Centro Reina Sofía di Madrid una rassegna antologica organizzata lo scorso anno.
Protagonista dell’Arte povera, quando quell’esperienza si esaurisce, Fabro sceglie di esplorare più in profondità il tema del rapporto tra l’opera d’arte e lo spazio reale attraverso gli «habitat», lavori che definiscono, fisicamente e concettualmente, uno «spazio abitabile», nei quali s’intreccia una sorta di complicità visiva tra artista e spettatore. La mostra, realizzata in collaborazione con l’Archivio Luciano e Carla Fabro, regala nella sede storica della galleria Christian Stein un emozionante «ritorno al passato», perché propone la ricostruzione della prima personale dell’artista, presentata nel 1965 dalla Galleria Vismara di Milano.
Evidente sin d’allora (prima ancora, dunque, dell’avvio dell’avventura dell’Arte povera, al tempo in cui Fabro a Milano frequentava Lucio Fontana e Piero Manzoni) la sua attenzione per il mondo in cui l’opera si pone in relazione con lo spazio fisico e si propone come strumento conoscitivo del reale.
Nei grandi spazi di Pero trovano posto una trentina di opere museali (secondo il modello espositivo adottato da Gianfranco Benedetti, direttore della galleria, storicamente legata alle esperienze poveriste, da quando ha aperto questa sede distaccata), monumentali e spesso di difficile accesso per il pubblico, che ne ripercorrono l’intero cammino, con un’attenzione speciale per quelle presentate da Christian Stein, qui riproposte nelle installazioni originali.
Esemplare, in questo percorso espositivo, il caso di «Luciano Fabro. Letture parallele III. Coreografia» (1975), l’installazione-coreografia che l’artista allestì nella sede torinese della galleria Stein, in piazza San Carlo. In mostra scorrono opere di cicli famosi come le «Italie» (capovolte, spezzate, manomesse o spiazzate), i «Piedi», gli «Attaccapanni», fino ai marmi che guardano alla mitologia greca. Nuove forme dalla valenza più fortemente estetica, realizzate con i materiali prediletti da Fabro, dal marmo al vetro, alla seta, dallo specchio al bronzo, culminanti nella scultura «Lo Spirato» (1968-73), in cui il corpo dell’artista, al contrario di quello del «Cristo» di Giuseppe Sanmartino nella Cappella Sansevero a Napoli, è una semplice traccia che affiora da un velo di marmo: un’«assenza», come è dichiarato anche dal sottotitolo, «Dal pieno al vuoto senza soluzione di continuità».
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