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Ponti d’oro per Matisse

Ponti d’oro per Matisse

Redazione GdA

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Torino. Chissà se Matisse (1869-1954), protagonista della mostra «Matisse e il suo tempo. La collezione del Centre Pompidou», in corso fino al 15 maggio a Palazzo Chiablese, riuscirà a contendere il titolo di «più visitato d’Italia» a Monet, che con la rassegna di opere da un’altra importante istituzione parigina, il Musée d’Orsay, aperta fino al 31 gennaio alla Gam-Galleria civica d’Arte Moderna e Contemporanea attira ogni giorno una media di 2.400 visitatori? 

I presupposti perché si registrino grandi numeri ci sono tutti: del grande pittore (con Monet, appunto, Caravaggio e Van Gogh tra i più spendibili per fare cassetta) sono esposte 50 opere (tra le altre, un «Autoritratto» del 1900, «Odalisca con pantaloni rossi» del ’21, «Ragazza vestita di rosso su fondo bianco» del ’46, «Icaro» della serie «Jazz» del ’47 e «Grande interno rosso» del ’48), accostate a 47 lavori di altri grandi nomi suoi contemporanei. Nelle dieci sezioni del percorso ordinato cronologicamente sfilano quindi dipinti di Manguin, Marquet e Derain («Il sobborgo di Collioure» del 1905), che con Matisse, nel 1905, segnarono la nascita del movimento dei Fauves, di Braque («Toeletta davanti alla finestra» del 1942 e «L’Atelier IX» del 1952-56), cui non perdonò la svolta cubista del 1908 e l’amicizia con Picasso («Lo studio 23 ottobre» e «Nudo con berretto turco», entrambi del 1955), di Renoir e Bonnard, che frequentò dopo il trasferimento a Nizza, in Costa Azzurra, alla fine del 1917, di Léger («La ballerina blu» del 1930 e «Il tempo libero. Omaggio a Louis David» del 1948-49), di Modigliani e Miró, di Gino Severini («Autoritratto» del 1912-60) e di Claude Viallat («Omaggio a Matisse», 1992). L’intento di ricostruire il contesto delle amicizie e degli scambi artistici di Matisse ha guidato anche l’ideazione del catalogo, edito da 24Ore Cultura - Gruppo 24 Ore, che ha organizzato la mostra con Arthemisia Group e il Centre Pompidou di Parigi: curato, come la rassegna, da Cécile Debray, conservatore del museo parigino, include un’ampia scelta di scambi epistolari, dichiarazioni e testimonianze. 

Altro intenso rapporto fu quello che legò Gio Ponti (Milano 1891-1979) alla Richard Ginori, la fabbrica ceramica di Sesto Fiorentino di cui diventò direttore artistico nel 1923, dando avvio a dieci anni di feconda collaborazione, i cui esiti sono esposti, fino al 29 febbraio a Palazzo Madama, nella mostra «Gio Ponti e la Richard Ginori. L’eleganza della modernità». Tra i 75 pezzi in porcellana e maiolica, oltre a disegni e lettere di Giò Ponti utili ad approfondire il modus operandi dell’architetto, la rassegna, curata da Livia Frescobaldi Malenchini, Oliva Rucellai e Associazione Amici di Doccia, con la collaborazione di Cristina Maritano di Palazzo Madama, include alcune novità rispetto alle precedenti tappe a Palazzo Marini di Firenze e alla Triennale di Milano: dalla coppa «Funérailles de Thaïs» alle urne «Grottesca» e «Archi e corde».

 

Redazione GdA, 04 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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