«Mont Sainte-Victoire» (1902-06), di Paul Cézanne. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. © Philadelphia Museum of Art

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«Mont Sainte-Victoire» (1902-06), di Paul Cézanne. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. © Philadelphia Museum of Art

Perché gli artisti collezionano Cézanne

La più ampia retrospettiva britannica degli ultimi 25 anni, dedicata all’artista che Monet definì «il più grande di tutti noi»

Sebbene Paul Cézanne (1839-1906) abbia trascorso quasi metà della sua vita a Parigi e dintorni, il suo cuore è sempre rimasto in Provenza. Una volta scrisse dei «legami che mi legano a questa vecchia terra natale, così vibrante, così austera».

La nuova mostra che la Tate Modern presenta dal 5 ottobre al 12 marzo sottolinea proprio l’ispirazione che egli trovò nei paesaggi intorno alla sua città natale, Aix-en-Provence. I temi provenzali ricorrono costantemente nelle sue opere: i terreni della casa di famiglia nota come Jas de Bouffan; il suo studio nell’allora periferia di Aix, a Les Lauves; la cava abbandonata di Bibémus con le sue spettacolari formazioni rocciose e, soprattutto, le vedute della cresta calcarea del Mont Sainte-Victoire.

La mostra londinese, che si è assicurata i prestiti di sette dipinti a olio di Sainte-Victoire, provenienti da musei di Parigi, Basilea, Baltimora, Detroit, Minneapolis, Filadelfia e Washington DC, è la più grande dedicata a «Cezanne» (nel titolo il museo ha eliminato l’accento per riflettere l’originale grafia provenzale) in Gran Bretagna da oltre un quarto di secolo, con 65 dipinti a olio e 17 opere su carta, e segue la presentazione all’Art Institute di Chicago, dove ha attirato circa 190mila visitatori.

Oltre ai prestiti del museo, sono presenti nove dipinti raramente visti prestati da collezioni private. Due provengono da un collezionista del Derbyshire: «Ritratto del figlio dell’artista» (1881-82) e un’opera tarda, forse non finita, «Mont Sainte-Victoire visto da Les Lauves» (1904 ca).

Tra gli altri prestiti privati c’è «L’Estaque con i tetti rossi» (1883-85), venduto l’anno scorso da Christie’s per 55,3 milioni di dollari. Il lavoro scientifico, in particolare sui Cézanne dell’Art Institute di Chicago, è stato rivelatore: i conservatori hanno rimosso la vernice scolorita dai dipinti a olio, lasciando le superfici nude, come preferiva l’artista.

Una sorpresa della mostra è che molte delle opere erano un tempo di proprietà di altri artisti. Tra i primi collezionisti figurano Caillebotte, Degas, Gauguin, Matisse, Monet, Picasso e Pissarro. Monet, che possedeva 14 dipinti a olio di Cézanne, lo definì «il più grande di tutti noi».

Picasso, che parlava di Cézanne in termini simili, acquistò un terreno sul pendio di Sainte-Victoire per essere più vicino a quello che la curatrice della Tate Natalia Sidlina definisce «il suo antenato spirituale». Ancora oggi Cézanne rimane un «artista degli artisti». Tra i prestatori della Tate c’è anche l’espressionista astratto Jasper Johns, che ha concesso tre acquerelli.

«Mont Sainte-Victoire» (1902-06), di Paul Cézanne. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. © Philadelphia Museum of Art

Martin Bailey, 04 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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