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«Mare di fango», di Aleksey Savrasov. Volgograd, Museo di Volvograd

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«Mare di fango», di Aleksey Savrasov. Volgograd, Museo di Volvograd

Pas de deux | Copertine | Il Dottor Zivago

Nuovi nessi tra antico, contemporaneo e cultura popolare scovati in libri, dischi e film e raccontati da Stefano (Causa) e Arabella (Cifani)

Stefano Causa e Arabella Cifani

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Di Zivago, della neve, di donne cigno e di altre fantasie russe Un libro legato alla storia dell’arte russa molto più di quello che si possa pensare

La prima edizione del Dottor Zivago, stampata da Feltrinelli nel 1957, mi fu regalata quando avevo una quindicina d’anni. È quella originale, la prima uscita in Italia, con la sua sobria copertina grigio-rosa-azzurra. La conservo ancora gelosamente, un po’ consunta perché molte volte riletta. Fu un libro importante per la mia formazione che mi insegnò il valore dell’amore come assoluto a cui tendere, l’orrore della guerra, la diffidenza per le rivoluzioni recitate in nome del popolo.

«La prima neve è scesa», di Mikhail Markianovich Germashev

Zivago è una lettura incantata che parte dal funerale della madre di Jurij Zivago e prosegue con una serata che questi, ancora bambino, trascorre in un monastero con lo zio mentre arriva una tormenta di neve che coprirà anche la tomba appena scavata di sua madre. Dopo, storie, fatti, guerre, rivoluzioni, amori, fughe, tormenti, si succederanno a un ritmo incalzante e al tempo stesso lento, fino al tragico finale. È un libro impegnativo, come d’altra parte quasi tutti i testi della letteratura russa, ma che lascia poi tracce profonde nell’anima, destinate a restare. Tutto il libro è costellato da descrizioni vivide di paesaggi e persone che si ricollegano direttamente alla pittura russa fra fine Ottocento e primo Novecento, pittura che Pasternak aveva ben presente essendo figlio di Leonid, a suo tempo noto ed apprezzato pittore, oggi ingiustamente dimenticato.

Il padre di Boris fu amico intimo di Lev Tolstoj per il quale disegnò le illustrazioni del romanzo Resurrezione. Leonid, pittore al confine fra due secoli, fissò un volto preciso, gentile e rigoroso, della società borghese e intellettuale russa spazzato poi via dalla rivoluzione. Dipinse anche quadri che divennero sorte di manifesti della pittura russa e non solo, come nel caso di quello del «Tormento della creatività» che pare dipinto in previsione degli scritti del figlio ma che conoscerà grande fortuna iconografica, divenendo la copertina di una versione inglese dell’Idiota di Fëdor Dostoevskij, di una italiana del Velo dissolto di George Eliot, di un testo di autori vari intitolato Perché scrivere e pure di un’edizione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Pittore definito impropriamente «impressionista», Leonid fu autore di rapidi schizzi che cercavano di fissare su carta e poi su tela l’impressione immediata che aveva colto di cose e persone ma che nulla avevano a che fare con l’impressionismo francese. Indimenticabile il suo ritratto di Boris ragazzo, oggi alla Tate Gallery, mentre quadri come «La notte prima dell’esame» del Musée d’Orsay, con quattro giovani che si preparano per un esame di medicina, sembra fatto apposta per illustrare proprio la giovinezza di Zivago (che era medico). Né Leonid, né tanto meno Boris ebbero a che fare con le avanguardie russe, con il Raggismo, il Suprematismo, il Costruttivismo.

Pasternak, come Zivago, si volta invece verso il passato, verso i «solitari luoghi di sogno» della sua infanzia, dove abeti coperti di neve fiancheggiavano strade in cui la slitta scivolava raggiungendo residenze signorili. Più vicino a Ilja Repin e ai pittori itineranti del gruppo dei Peredvižniki (pittori itineranti) per le descrizioni delle figure del popolo e a Aleksej Savrasov o Mikhail Germashev per gli sterminati paesaggi innevati (e poi anche a molti altri del periodo, basta farsi un giro, anche virtuale, alla Galleria Tretyakov). Nell’opera di Boris Pasternak si esplicita una delle ultime manifestazioni dell’antico animo russo, intriso di profonda religiosità, poesia, fiducia nell’uomo, speranza nell’amore. Quell’animo che Stalin in una trentina di anni, complice anche la guerra, ha strappato senza pietà alle sue genti, come si toglie la pelle a una bestia viva e urlante. Di quello strappo le conseguenze si vedono ancora oggi.

«La notte prima dell’esame» (1935), di Leonid Pasternak. Parigi, Musée d’Orsay

Ma, al di fuori ed oltre al mito della Larisa Fëdorovna del celebre film tratta dal romanzo, oltre il rifiuto di Pasternak di aderire al Realismo socialista e di fornire una interpretazione eroica della rivoluzione, resta quell’immagine pittorica di una donna bellissima che Zivago associa a un bianco sorbo gelato o a una donna cigno, come la principessa di un celebre quadro di Mikhail Vrubel’ ispirato a un’opera di Rimskij-Korsakov, dove la fanciulla fatata si volta per un attimo verso di noi e poi scompare in una tormenta di neve.

 

[Arabella Cifani]

«Tsarevna Lebed», di Mikhail Vrubel’

Voltati Zivago voltati! Quando un libro, un film e una cover diventano mito

I classici sono i libri che nessuno legge; ma tutti rileggono. Gli specialisti confermeranno se Il Dottor Zivago, uscito nel 1958, stia tra i tagli di prima scelta del secolo scorso in quota romanzo. Montale diceva di Boris Pasternak «futurista di destra» e mi chiedo quanto pesasse questa definizione nell’Italia di Roberto Longhi, Guttuso e del revival di Caravaggio in chiave marxista. Pure non immagino chi, oggi, metta in agenda di immergersi nelle settecento pagine del libro. Temo non si saprà mai. Giuro, però, che Zivago è più d’un libro. Il che non si dice di Guerra e Pace, che ne costituisce la matrice; né di Vita e destino di Vasilij Grossman diverso e più forte, in termini di scrittura, del coevo romanzone di Pasternak.

«La passione della creazione», di Leonid Pasternak

Rimane più di un libro per chi abbia valicato i cinquanta crescendo nell’indotto Zivago tra film, tormentoni musicali e lividure ideologiche. Qualcuno avrà adocchiato, nello scaffale domestico, la copertina dal paesaggio innevato, viola e azzurro oltreché, in basso, abbozzati in neretto, una slitta e una casa con staccionata che si prolunga a bordo pagina nella firma dell’autore (il lombardo Ampelio Tettamanti, pittore neorealista se mai ce ne sia stato uno). Nella quarta, semi invisibile, un ritratto, autografato in corsivo, a tre quarti di figura di Pasternak ricavato da un negativo fotografico (l’impaginazione fu di Albe Steiner).

Appena sceso dal ponte sul fiume Kway, David Lean trasse un film da Zivago dalla colonna sonora, non meno ricattatoria, di André Rieu (il tema di Lara); mettici anche l’outfit di Lara e l’ausilio di un cast stellare: Julie Christie, Geraldine Chaplin e Sharif Zivago, nel ruolo della vita, che fuori dal tram ha un colpo apoplettico nel tentativo di raggiungerla.

Uno still dal film «Il dottor Zivago»

Chi non voglia faticare a leggere il libro, se ne sobbarca la versione di Lean; chi, a sua volta, non s’impegni a vedere il film di Lean per intero, si limiterà alla sequenza di un altro film, Palombella rossa del 1989 dove, a bordo vasca, Nanni Moretti pallanuotista si confonde tra gli spettatori. «Avvertitemi quando c’è la scena del tram perché non posso resistere», urla un tizio. Poi la telecamera zooma su Moretti in cuffietta: «È lei. Lei. Voltati, voltati!», urla Moretti a Sharif. «Fatelo scendere. Corri, corri!».

Ma se oggi un capannello di folla davanti alla tv lo crea soltanto lo scudetto del Napoli, Palombella fornisce una lettura del talento di Lean (e dei suoi effetti portentosi di coinvolgimento dello spettatore); così come l’uso che se ne fa in Quando la moglie è in vacanza di Billy Wilder è una critica in atto del secondo concerto per piano di Rachmaninoff. Come succederà tra Kubrick e Stephen King, tra Scorsese e la Wharton, tra James Ivory e Camera con vista, David Lean ha stretto in angolo Pasternak. O quantomeno ci ha insegnato a leggerlo in chiave mainstream. Come Braque e Picasso ci hanno costretto a guardare Poussin e Cézanne in uno spirito esclusivo di chiarezza.

A suo tempo assicurare il romanzo al nostro dopoguerra fu merito di Gian Giacomo Feltrinelli; il perno cui far girare il discorso sulla maggiore o minore suscettibilità di una parte della nostra cultura ai diktat del soviet. L’arruolamento di Zivago non diede solo prova del fiuto editoriale volutoci per stanare il Gattopardo, uscito negli stessi frangenti. Ma aprì un caso politico. Pietro Zveteremich, gran traduttore di Guerra e Pace e slavista di Feltrinelli, era rimasto folgorato da Zivago.

Ma come vestire il romanzone? Bisognerebbe immaginare un medaglione sulle copertine dei russi se non altro come avvicinamento ai maestri romantici, realisti e pseudo impressionisti delle raccolte di Mosca. Ma Feltrinelli aveva a libro paga gli Steiner. Non si trattava più di scegliere un tormentoso ritratto in aria Karamazov dal Museo Puskin o dalla Tretyakov.

«Ritratto di Boris», di Leonid Pasternak

Messe in fila, le cover di Heiri Steiner della Ue Feltrinelli formano il vertice visibilissimo e ignoto della pittura (in Italia) negli anni Sessanta. E Pasternak figura nel volume sui poeti russi del Novecento, curato da Angelo Maria Ripellino, il futuro autore di Praga magica. Per i poeti funziona un gallo stilizzato e multicolore che sta tra Picasso e Emanuele Luzzati. Ma la copertina di Zivago pretendeva qualcosa che avviasse il lettore ai «paesaggi di limpidezza vibratile» che Ripellino aveva riconosciuto in Pasternak.

Onestamente non so cosa Feltrinelli si aspettasse da Ampelio Tettamanti: un Guttuso infinitamente meno famoso ma non meno bravo, un compagno di strada di Giuseppe Zigaina e che, nelle giornate migliori, è meglio di Bernard Buffet. Forse immaginava qualcosa di simile alle periferie industriali, ai cigli della strada e alle scene da fronte del porto che assodano l’iconografia del neo realismo. Ma il buon Ampelio andò contro Caravaggio e tirò fuori un disegno, appunto, limpido e vibratile come i versi di Pasternak. Per Zivago e Lara la copertina perfetta: evocativa e generica. Romanticissima. [Stefano Causa]

La copertina de «Il dottor Zivago» nell’edizione Feltrinelli

Stefano Causa e Arabella Cifani, 04 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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