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Veduta aerea della chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli durante un concerto

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Veduta aerea della chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli durante un concerto

Napoli | Rapporto 2019 sulla cultura

È un momento turistico felice grazie a vivacità dei musei, rivitalizzazione di alcuni quartieri e fortuna cinematografica. I cantieri però sono lenti e mancano strutture adeguate

Francesca Amirante

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La città più cool del 2019. È così che una celebre guida ha definito Napoli, tra le mete più richieste d’Italia. Tante le motivazioni: la bellezza del paesaggio, la densità della città, ma anche la sua atmosfera vitale, spesso caotica, mai noiosa. Niente di nuovo per chi la città la conosce da tempo, ma il forestiero resta colpito, anche perché Napoli si è abituata a mettersi in mostra: nel bene e nel male. L’aumento delle rotte aeree con il gran lavoro svolto dall’Aeroporto, la vitalità di alcuni musei, la rivitalizzazione di alcuni quartieri un tempo ritenuti a rischio, il lungomare libero dalle automobili, benché frastornato dalla movida, e la nuova fortuna cinematografica della città sono la faccia buona di questa Napoli che sta scoprendo il turismo di massa. E mentre nell’antico centro greco-romano si leggono i segni della tanto temuta gentrificazione, ci si chiede se la vita culturale della città sia ancora all’altezza del suo passato.

I numeri delle grandi Istituzioni
Le risposte sono tante, alcune incoraggianti, altre meno. Ci sono i grandi numeri di istituzioni come il Teatro di San Carlo, dal pubblico sempre più misto: donne eleganti e stranieri in bermuda. C’è il MANN di Paolo Giulierini con importanti mostre come «Canova e l’Antico», festival e riaperture di nuove sezioni come quella sulla Magna Grecia. C’è il Museo di Capodimonte, con le sue aiuole ben curate e il Real Bosco, che si rianima con la presenza di Scuole di alta formazione e con la realizzazione di campetti di calcio per i ragazzi; ha anche ospitato una trilogia di mostre che si chiude con «Napoli, Napoli. Di lava, porcellana e musica» definita dal direttore Sylvain Bellenger un’«Opera». Ed è ricca la programmazione delle Gallerie d’Italia che nel 2019 hanno organizzato la bella mostra «Rubens Van Dyck Ribera. La collezione di un principe».

Botteghe, musei e street food 
Il centro assorbe il pubblico con le sue botteghe, lo street food, i suoi piccoli ma straordinari musei. Il Museo Sansevero con i suoi 700mila visitatori ha adottato una strada per consentire alle folle di accedere in modo ordinato alla sua preziosa Cappella; il Purgatorio ad Arco ha esposto 147 opere dedicate alle anime pezzentelle, recuperate in una collezione privata, e ha ospitato nel suo Ipogeo l’installazione «Extases» di Ernest Pignon-Ernest; il Pio Monte della Misericordia ha illuminato il suo Caravaggio per la Mostra «Caravaggio Napoli» a Capodimonte e arricchisce la sua Quadreria con l’arte contemporanea del progetto Sette opere per la Misericordia. L’arte contemporanea è animato dalla vitalità delle gallerie private; dal MADRE, che ha ospitato la mostra su Pier Paolo Calzolari e ora quella su «I sei anni di Marcello Rumma 1965-70»; dalla Fondazione Made in Cloister e dalla Fondazione Morra Greco nell’antico Palazzo dei principi di Avellino all’Anticaglia. E poi un gran numero di piccole realtà, collettivi di artisti, centri sociali e gli Istituti stranieri di cultura come il Goethe e il Grenoble.

Pezzi mancanti
Il centro soffre però per l’assenza di strutture di supporto ai grandi flussi e per la lentezza dei cantieri che interessano complessi di eccezionale valore come i Girolamini e il grande Ospedale degli Incurabili. E soprattutto lamenta l’assenza di regole per cui le varie Napoli «del sottosuolo», o le strutture pseudoculturali che ospitano mostre dai titoli altisonanti in viaggio come pacchi per l’Italia, possono invadere gli spazi con segnaletiche sciatte, banchetti, illuminazioni di infimo livello.

Fuori dal centro e vecchie glorie
Nella Napoli dei negozi eleganti sono rimasti solo quelli e neanche troppi. Vita culturale pari a zero. Cercano di smuovere le acque il Blu di Prussia e il PAN, che accoglie la bella mostra dedicata a Joan Miró, mentre sulla collina delle Mortelle il Centro di Musica antica Pietà dei Turchini tiene alta la tradizione della Musica Barocca. Questa decadenza la borghesia napoletana se la merita, direbbero Pasolini e La Capria. Immobile nella sua sempre più irriconoscibile signorilità. Non se la meritano, invece, gli altri grandi musei, da Villa Pignatelli al Duca di Martina (museo splendente di energia immerso in un parco devastato) che, non godendo dei privilegi concessi dalla Riforma Franceschini ai musei autonomi, sopravvivono solo grazie alla bravura delle loro direttrici. E soprattutto non lo merita il monumento più bello della città: la Certosa di San Martino.

Ma ci vuole una visione 
Per fare davvero il punto aspettiamo la chiusura dei grandi cantieri della Metropolitana con le sue favolose stazioni dell’arte. E guardiamo a quello che nel frattempo si muove: il progetto Accogliere Ad Arte, che coinvolge in un percorso di conoscenza della città tassisti, polizia municipale, addetti al trasporto pubblico e al turismo e punta alla creazione di una comunità dell’accoglienza diffusa, più consapevole e con maggiore senso civico; le Catacombe di San Gennaro animate dai ragazzi della Paranza, modello internazionale di riqualificazione urbana; lo SMAVVE di Christian Leperino; Open House Napoli; AltoFest; esperienze belle e vitali, piene di giovani entusiasti e professionali. Tutti questi fermenti chiedono a gran voce un orizzonte comune che tenga insieme frammenti solo apparentemente inconciliabili. I confini della città sono la metafora di questa condizione: a est lo straordinario insediamento Apple Academy, a ovest la distesa di Bagnoli, da trent’anni in attesa di un futuro. C’è bisogno di una visione organica e condivisa, capace di amplificare l’azione di attori culturali sempre più disposti ad abitare lo spazio che si è aperto tra pubblico e privato. Ragionare su una città democratica e popolare non significa non puntare in alto: solo questa visione potrà trasformare l’ospite straniero, il turista attirato e ispirato dalla città, in un interlocutore disposto anche a investire sul futuro di una capitale culturale del Mediterraneo.

L'autrice Francesca Amirante è presidente dell’Associazione Progetto Museo e direttrice del Complesso di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco
 

Veduta aerea della chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli durante un concerto

Una veduta del Golfo di Napoli

Francesca Amirante, 13 dicembre 2019 | © Riproduzione riservata

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