Image

Modì è sempre Modì

Si apre dal 16 marzo al 16 luglio a Palazzo Ducale, realizzata in collaborazione con MondoMostre Skira, la mostra «Modigliani» (finalmente senza sottotitoli). Al curatore Rudy Chiappini al quale, oltre a Dominique Vieville e Stefano Zuffi, si deve la direzione scientifica dell’esposizione, il compito di raccontarla

Rudy Chiappini, a distanza di più di dieci anni dall’ultima mostra di Amedeo Modigliani che lei curò a Roma nel 2006, quale ritiene sia la particolarità di questa nuova iniziativa?
È ovvio che nel frattempo non ci sono state grandi scoperte per quanto concerne Modigliani. La mostra di Roma era essenzialmente concentrata sulla sua opera, con disegni e sculture. Ci sono altre mostre dove Modigliani diventa, se vogliamo, un pretesto per mettere in rilievo tutta la cerchia degli artisti che operavano a Parigi nei primi anni del Novecento, quindi, oltre a lui, Chaïm Soutine, Pinchus Kremegne, Maurice Utrillo e gli altri. Noi abbiamo cercato di trovare una via di mezzo, nel senso che ci siamo ovviamente concentrati sull’opera di Modigliani però abbiamo voluto anche approfondire il rapporto particolare che l’artista ha avuto con Moïse Kisling. A Genova diamo una lettura dell’opera di Modigliani e abbiamo un focus su uno dei maggiori amici di Modigliani nella Parigi degli anni Dieci e Venti.

Qual è il filo conduttore che caratterizza le opere selezionate per Palazzo Ducale?
Le mostre di Modigliani, per certi aspetti, si assomigliano, in quanto le opere che ci ha lasciato l’artista sono veramente poche: sono 300 ma alla fine si arriva a lavorare su circa 200 opere. Non è un artista all’interno della cui produzione si possa scegliere un tema piuttosto che un altro perché c’è una concentrazione quasi monomaniacale sul ritratto. Per cui abbiamo cercato di costruire il percorso dell’artista tralasciando gli anni giovanili, quelli prima della sua esperienza scultorea. La mostra inizia con le opere del ’14 e affronta la stagione della maturità, per così dire, di Modigliani, lasciando perdere tutto quello che c’è stato prima della scultura e la scultura stessa. Anche se i lavori scultorei sono comunque presenti non attraverso la pietra, ma attraverso le Teste e le Cariatidi che Modigliani ha disegnato. C’è infatti un’ampia sezione dedicata a questo aspetto. Abbiamo poi in mostra alcuni pezzi straordinari, primo fra tutti il «Nudo accovacciato» (1917) proveniente dal Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa che è da parecchi anni che non viene più esposto in mostre temporanee. Già di per sé quest’opera meriterebbe una visita.

Lei studia e si occupa di Modigliani da molti anni. Quale ritiene sia la ragione principale dell’apprezzamento costante di questo artista anche in momenti culturali molto diversi?
Modigliani è un artista che sfida il tempo. Ma non soltanto il tempo, direi anche le culture perché è apprezzato in Europa come lo è altrettanto, e molto, in Oriente, penso soprattutto al Giappone e alla Corea. Credo che una delle qualità che fa emergere Modigliani sia il fatto che nella sua pittura unisce i valori della tradizione, i valori del passato come la linea e il volume, con questo desiderio di assoluto che, per certi aspetti, è molto moderno. Nelle opere ultime, che sono quelle del 1918-19, raggiunge un’essenzialità formale che va al di là delle persone ritratte proprio per cogliere l’essenza del personaggio, per leggere, se così si può dire, l’anima del personaggio. Ecco, penso che questo fatto di essere ad un tempo tradizionale e moderno, di partire da un dato reale per poi cercare valori assoluti è quello che lo fa amare un po’ in tutte le epoche e ad ogni latitudine.

Anna Costantini, 11 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

Modì è sempre Modì | Anna Costantini

Modì è sempre Modì | Anna Costantini