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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliAl Pompejanum del Castello di Aschaffenburg la mostra «Il mito di Troia», aperta dal primo aprile all’11 ottobre, presenta un quadro a tutto tondo dei miti legati all’epopea della guerra di Troia così come tramandata da Omero nell’Iliade e nell’Odissea.
Manufatti dal 600 al 400 a.C. come anfore di varia provenienza sia a figure nere sia a figure rosse, statue in marmo e in bronzo, lampade in terracotta e metallo e altri oggetti della vita quotidiana, provenienti dalle Staatlichen Antikensammlungen di Monaco, dalla Glyptothek di Monaco e da altre collezioni tedesche, recano tutti l’impronta iconografica del mito e dell’epica troiana, a partire dal raro modello in legno del Cavallo di Troia, pezzo forte della mostra.
I reperti esposti raccontano la storia del rapimento di Ganimede, figlio di Troo re di Dardania e fondatore di Troia, la nascita di Elena, il giudizio di Paride, l’ira del «Pelìde Achille», la morte di Ettore, gli assassinii compiuti da Neottolemo, figlio di Achille: quello blasfemo di Priamo sull’altare di Zeus Erceo (Protettore della casa) e quello del bambino Astianatte gettato dalle mura della città, Enea in fuga verso l’Italia e le avventure di Ulisse.
La mostra presenta un excursus della mitologia greca e nella sua riflessione sull’arte antica e sugli oggetti di uso quotidiano conferma come il mito di Troia sia un concetto chiave della civiltà greca, fondante della sua Weltanschauung e della sua storia, contrassegnate dall’opposizione ai «barbari» dell’Oriente persiano, simbolici eredi dei Troiani.
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