Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Valeria Radkevych
Leggi i suoi articoliFondato nel 2006, il PinchukArtCentre si dedica alla valorizzazione delle voci dell’arte contemporanea ucraina, sia a livello nazionale che internazionale. Il suo contributo alla promozione culturale si estende alle principali piattaforme artistiche europee. Parallelamente, il PAC sviluppa un’intensa attività di ricerca che ripercorre la storia dell’arte ucraina dagli anni Ottanta fino all’attualità. Tale impegno si concretizza nella Research Platform, accessibile gratuitamente, i cui archivi digitali sono consultabili da studiosi e ricercatori di tutto il mondo.
Il centro promuove inoltre due premi biennali rivolti ad artisti under 35: il Future Generation Art Prize, di respiro internazionale, e il PinchukArtCentre Prize, dedicato esclusivamente ai talenti ucraini. L’edizione più recente del premio ha visto una riflessione diffusa sul contesto dell’invasione russa e sulle sue molteplici ripercussioni sulla sfera privata e istituzionale, a partire dal febbraio 2022. Le opere degli artisti sono state esposte al PinchukArtCentre fino al 4 luglio 2025, quando sono stati assegnati i premi.
Ho scelto di dialogare con Lesia Vasylchenko, vincitrice del Premio Principale, e Kateryna Aliinyk, Premio Speciale. L’opera di Lesia, densa di lirismo e profondità speculativa, esplora interrogativi cosmologici sul tempo e la sua dimenzione militarizzata. Invece, con Kateryna, condivido le origini a Luhansk nel Donbas. La sua arte articola con intensità pittorica la memoria contesa e il dolore della nostra terra.

Lesia Valylchenko, Notte senza ombre e luce senza increspature, 2022–2025. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio per PinchukArtCentre / PinchukArtCentre Prize 2025

Lesia Valylchenko, Notte senza ombre e luce senza increspature, 2022–2025. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio per PinchukArtCentre / PinchukArtCentre Prize 2025
Nella motivazione del premio si parlava della notte come di uno spazio di malinconia. Io la vedo invece come uno spazio di aggressività e pericolo. Cosa c’è nella tua notte?
L.V. La notte ucraina è un elemento centrale della cultura nazionale. In letteratura, pittura e poesia si è consolidata come archetipo: tutti conoscono il senso della notte ucraina. Ma dall’invasione su larga scala ha smesso di essere un mito romantico, trasformandosi in spazio di terrore e arma di guerra. La maggior parte degli attacchi avviene di notte; sorveglianza, visori termici, droni permettono di vedere il nemico, e chi “vede” – domina. L’oscurità diventa strumento tattico, la notte si militarizza.
La tua opera parla anche della costruzione dell’algoritmo del racconto storico, o mi sbaglio?
L.V. Con l’Illuminismo la conoscenza sostituì la fede e si associò alla luce; molti giornali si chiamano Il Giorno o L’Alba. Oggi però, sommersi dall’informazione, torniamo a chiederci a chi credere. La conoscenza ritorna un atto di fede.
Il mio lavoro esplora ciò che resta invisibile in media, cultura e guerra. La notte diventa così uno spazio che sfugge al controllo e alle narrazioni dominanti. Non è solo assenza di luce, ma rifiuto del sapere codificato. Nel buio nasce ciò che è incerto, incompiuto, ancora informe: una memoria in divenire dove sopravvivono voci, archivi e storie ancora invisibili.
La notte ucraina è uno stato storico che custodisce versioni del passato ancora sommerse. In un presente sempre più militarizzato, diventa spazio di possibilità.
Qual è dunque il nuovo modo di guardare alla storia?
L.V. Agamben scriveva che le stelle che vediamo sono luce di astri spenti. Il cosmo è già attraversato da luce di nuove stelle, ma non possiamo vederla, perché sta ancora in viaggio verso di noi. Come il cielo, la storia è uno spazio-tempo: gli eventi ci illuminano solo dopo essere stati documentati e narrati.
Quello che vediamo è un passato già organizzato e reso visibile. Ma la storia conserva anche ciò che non è stato filmato, archivi mai aperti, voci rimaste inascoltate. Ciò che resta nell’ombra è invisibile ma reale, in attesa di emergere.
Derrida parlava della storia come “traccia”: assente nel presente, ma presente come fantasma. Il passato vive come narrazioni rimosse, non scritte, escluse per ragioni politiche, perché anche la linearità storica è costruzione politica.

Kateryna Aliinyk, È morto di vecchiaia, 2024, olio su tela, courtesy dell’artista

Kateryna Aliinyk, Tutta la vita è ancora davanti a loro!, 2024, olio su tela, courtesy dell’artista
So che ti stai allontanando dal tema del paesaggio del Donbas. Scrivi di fili d’erba con lame d’acciaio. Cosa significa?
K.A. La serie realizzata per il concorso segna un congedo provvisorio dal tema del Donbas. L’ultima volta che vi sono stata è nel 2019, da allora quel luogo è quasi solo immaginario. Continuare a lavorarci mi sembrerebbe disonesto, da qui la malinconia delle opere.
Steli d’erba con lame d’acciaio è un titolo con forte carica emotiva. L’erba fresca evoca innocenza, purezza, ma il mio ricordo della casa natale è avvelenato dalla guerra. Il tempo prima del 2014 non appare più integro. Parlare di Luhansk o Donbas è oggi difficile, carico di ambiguità e dolore. Le lame sull’erba raccontano un desiderio di innocenza ma anche un pericolo costante.
In questa serie di tele sono comparsi molti animali e insetti. Perché il tuo paesaggio statico è diventato così popolato?
K.A. Ascoltando Lesia, ho compreso che la guerra, per me, non è più questione di conoscenza, ma soltanto di fede. Così sono apparsi gli animali in questi quadri: la guerra ci restituisce a un tempo ciclico, dominato dall’alternanza tra il giorno e la notte, e ci costringe a sentirci creature istintive. La notte è feroce; il giorno, sopportabile.
La stagione diventa una condizione esistenziale. L’estate porta un’illusione di felicità, l’autunno nutre e prepara, ma l’inverno incombe con il suo terrore. Come topi nei campi, anche noi temiamo di non sopravvivere.
E quando il missile passa oltre, arriva una gioia selvaggia per la morte annullata. È qualcosa di profondamente animale, non avevo mai provato nulla di simile.
L’opera Tutta la vita è ancora davanti a loro! rappresenta un metro di terra abitato da insetti e topi. Per noi è nulla, per loro è tutto. Un mondo che desidera solo vivere, mentre la Storia continua a schiacciarci da undici anni.

Ritratto di Lesia. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio per PinchukArtCentre / PinchukArtCentre Prize 2025

Ritratto di Kateryna. Courtesy dell’artista
In queste opere la questione della libertà si pone con forza, come emerge dai titoli.
K.A. Libertà è solo un altro modo per dire che non hai più nulla da perdere — questo paesaggio nebbioso con i cinghiali lo esprime. La guerra mi ha riportata ai temi essenziali: vita, morte, amore, libertà. Prima non avevo voce, ora penso: se non ora, quando? Ma la libertà qui è amara: perdere la casa è una libertà diversa da come l’avevamo immaginata.
La tela più piccola, Il sogno si è avverato!, mostra insetti sulla Luna. Oggi sento la mia identità più legata al paesaggio che alla cultura, che è instabile; la natura è eterna. La Luna è quella di Dürer e Munch, gli alberi quelli di Bruegel. In quel quadro si realizza il sogno infantile: gli insetti raggiungono la Luna.
Resta la domanda: vivo davvero come amo? È triste che sembri una questione secondaria. In un dipinto, coleotteri amanti dell’umido si seccano al sole: non fanno ciò che amano. Come nel fuoco dantesco che cade come neve, nulla vive come vorrebbe. Ogni cosa ama qualcosa, ma oggi nemmeno possiamo chiederci cosa. Forse questa è la tragedia più grande.
Mi è difficile commentare tutto questo. Vorrei dire che un giorno troverò le parole giuste, ma non ne sono sicura.
L.V. Posso farlo io?
Certo.
L.V. Ora comprendo che entrambe le opere parlano della misura umana. Dove si colloca l’essere umano in questa realtà? Ci sono minuscoli insetti che vivono solo un giorno, ma che sono riusciti a raggiungere la Luna, simbolo dell’eterno.
Entrambe le opere esplorano il contrasto tra l’infinitamente piccolo e l’immensamente grande, tra l’estremamente breve e l’eternità.
La figura umana, posta idealmente tra questi due poli, incarna la fragilità del tempo umano.