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Martina Massullo

Martina Massullo: «Studiare l’arte islamica per creare spazi di incontro e narrazioni alternative»

ORIENTALISTE ITALIANE ALL’ESTERO • Lauree alla Sapienza di Roma e all’Orientale di Napoli, dottorato in archeologia e epigrafia islamica ad Aix-Marseille, lavora attualmente presso il Département des Arts de l’Islam del Musée du Louvre come documentalista

Martina Massullo

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Sono una specialista di archeologia e storia dell’arte islamica e lavoro attualmente presso il Département des Arts de l’Islam del Musée du Louvre come documentalista. Il mio percorso di formazione è iniziato in Italia con una laurea triennale alla Sapienza di Roma, seguita da una magistrale in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Nel 2017 ho conseguito un dottorato in archeologia e epigrafia islamica presso l’Università di Aix-Marseille, in cotutela con L’Orientale, con una tesi incentrata sullo studio degli archivi fotografici della Missione Archeologica Italiana in Afghanistan.

Dopo il dottorato, ho lavorato per due anni come curatrice della Aron Collection, esperienza che mi ha permesso di entrare in contatto con il mondo del collezionismo erudito europeo e di studiare da vicino manufatti provenienti dai più importanti centri di produzione del mondo islamico. Sono arrivata al Louvre dopo un progetto di postdottorato presso il Centre de recherche sur le monde iranien e la Bibliothèque universitaire des langues et civilisations (2021-22), durante il quale ho scelto di concentrarmi sugli archivi fotografici francesi del primo Novecento dedicati al patrimonio artistico islamico.

Questa esperienza mi ha permesso di collaborare con diverse istituzioni culturali parigine, tra cui il Musée du Louvre. Da due anni, proprio al Louvre, porto avanti un progetto simile: la catalogazione e la pubblicazione online dell’archivio fotografico di André Godard, dedicato all’arte e all’architettura iranica. Oltre a questo lavoro, collaboro alle attività del dipartimento legate alle collezioni e continuo a insegnare arte islamica in Italia e in Francia, Paese che offre ottime opportunità di crescita professionale. Sarei però felice di tornare in Italia per occuparmi di arte islamica, un ambito ancora poco conosciuto nonostante la Penisola custodisca numerose testimonianze di questo straordinario patrimonio. Penso, ad esempio, alla Sicilia islamica e poi normanna, al soffitto ligneo della Cappella Palatina di Palermo o al manto dell’incoronazione di Ruggero II, con la sua splendida iscrizione in caratteri arabi.

Ma il patrimonio islamico in Italia non si limita all’architettura: attraverso i secoli, manufatti preziosi dall’Oriente (tessuti e tappeti, metalli ageminati, ceramiche, avori e cristalli di rocca) sono giunti sulle nostre coste, influenzando profondamente le produzioni artistiche locali. Anche la pittura medievale e rinascimentale è ricca di rimandi all’arte islamica: un esempio emblematico è emerso di recente con il restauro della Maestà di Cimabue del Louvre. Il lavoro ha rivelato una cornice decorata con pseudoiscrizioni o pseudoscrittura in caratteri arabi, nascosta da interventi precedenti.

Questo è solo uno dei tanti esempi degli intrecci artistici, culturali ed estetici, che da secoli legano le sponde del Mediterraneo: un dialogo che deve continuare a essere studiato, raccontato e reso accessibile, per diventare parte della nostra conoscenza collettiva. In un periodo storico segnato da polarizzazioni e crescenti tensioni geopolitiche, occuparsi di arte islamica significa per me riconoscere le profonde interconnessioni storiche che caratterizzano da sempre le relazioni tra Oriente e Occidente. È un’opportunità per creare spazi di incontro e narrazioni alternative, capaci di restituire la pluralità delle identità e il valore del patrimonio artistico come ponte tra le civiltà.

Martina Massullo, 04 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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