Monica Trigona
Leggi i suoi articoliNicolò Cecchella, artista emiliano, classe 1985, che ama sperimentare con i diversi linguaggi dell’arte contemporanea, da sempre indaga la natura della rappresentazione in rapporto all’identità umana e al suo relazionarsi con l’ambiente circostante. Scultura, fotografia, video e installazione concorrono parimenti nel suo modus operandi fatto di contatti, scambi e ibridazioni anzitutto tra elementi primordiali come la luce, il corpo e il fuoco.
Quindici plastiche variamente composte e un breve video in loop sintetizzano un universo celato alla razionalità quotidiana che rammenta visioni lucide e innocenti, prive di filtri di sorta. Ad accogliere le opere è l’arioso spazio milanese di Artcurial, sino al 2 febbraio, in un percorso dal titolo emblematico, «La continuazione degli occhi» a cura di Andrea Tinterri e Luca Zuccala.
Ed è proprio all’organo di senso esterno dell’apparato visivo che l’autore dedica una saletta tutta sua: nella penombra, dai toni lirici a evidenziarne quasi la sacralità, spiccano, illuminate, due fusioni in cristallo, scala 1:1, che rappresentano il calco degli stessi occhi di Cecchella. Da qua, si potrebbe dire, ha inizio la mostra perché grazie agli occhi ha origine tutto il visibile.
Il video di 3 minuti «Solo con occhi» d’altronde pone nuovamente l’accento sul fenomeno visivo: l’inquadratura è stretta sugli occhi (ancora dell’artista) che si aprono e si chiudono guardando la camera. L’azione sospesa e semplicissima rimanda al grado zero dell’osservazione. Il battito rappresenta una cesura tra soggetto e mondo esterno e viceversa.
«Lo spettatore guarda e aspetta soltanto il momento in cui gli occhi si apriranno nuovamente restituendogli la vista. Restituendogli la possibilità di vedere, vedere che cosa, chi? Lo sguardo dell’altro che è il suo stesso. Vero motivo e movente del suo esistere. In questa alternanza lo sguardo diventa quasi totalmente corporeo, si apre alla sua dimensione fisica, percepiamo il tremito delle palpebre, il dilatarsi della pupilla, il bordo umido delle ciglia, tutto ciò che normalmente è impercettibile diventa visibile e sensibile. Tutto ciò che del vedere è normalmente dato per scontato diventa visibile. È il farsi corpo dello sguardo. Una via di luce attraverso la carne nulla più», spiega l’artista.
Si prosegue con otto recenti opere della serie «Prima ustione», fusioni in alluminio, ibridate con scatti fotografici. L’immagine è stata però bruciata dal metallo fuso e i gas della combustione hanno «impressionato» la superficie dell’alluminio. Il fuoco ha creato una nuova rappresentazione trasformando l’opera finale, frutto di una sorta di metamorfosi. Iconografie inaspettate, iridi, soli, sedimenti terragni si rivelano allo spettatore evocando quei paesaggi interstiziali che da bimbi si generavano «tra l’iride e la palpebra», per dirla con Cecchella.
«Anni di sperimentazione e lavoro diretto con i materiali e i passaggi creativi mi hanno fatto individuare “fratture”, possibilità che ti danno “parentesi del possibile”. Unitamente alla possibilità interviene poi la capacità di controllo dell’autore. C’è un equilibrio tra le parti», chiosa l’artista. E se la sua volontà è di svelare un emisfero celato alla comune visione, le tracce lasciate attraverso solchi e impronte umane nelle restanti opere scultoree manifestano quei segni dell’uomo, siano essi originati da luce, da corpi o dal fuoco, che sono espressione del suo esserci, della sua presenza, e anche assenza, nel mondo come nell’arte (si pensi pure a questo dualismo all’interno dei linguaggi scultoreo e fotografico).
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