Monica Trigona
Leggi i suoi articoliSi è aperta mercoledì 17 aprile con una performance particolarmente simbolica, considerate le attuali contingenze storiche, la mostra di Sarah Revoltella «Il rumore dei buchi neri» a cura di Daniele Capra, che la sede veneziana di Emergency ospita sino al 30 maggio. L’artista veneta, anche regista e scrittrice, non nuova a queste iniziative dal forte impatto emotivo, ha selezionato nove studenti della Venice International University che, disposti in fila lungo la riva della Giudecca, vicino al baratro dell’acqua, hanno imbracciato altrettante fedeli riproduzioni di armi normalmente utilizzate nei teatri di guerra.
Dopo averne descritto le specifiche caratteristiche tecniche di funzionamento dinanzi al pubblico presente, le armi sono state gettate a terra riducendosi in mille pezzi. «Ho fatto realizzare dai ceramisti di Nove delle repliche in scala 1:1 di armi contemporanee. L’arte opera un rovesciamento: l’arma, diventata opera patinata, rivela tutta la debolezza dell’oggetto bellico. Oggetti nati per uccidere diventano cocci inerti da buttare», spiega Revoltella. Con la sua performance, l’artista insiste così sul dato paradossale degli investimenti nel mercato delle armi che, per fare girare una certa economia, lasciano a terra solo le macerie dei Paesi distrutti.
Il percorso dell’esposizione comprende le nove foto degli studenti immortalati nei momenti iniziali della performance e, sotto gli scatti, i cumuli dei cocci delle armi, a testimonianza dell’azione svoltasi. Le voci dei performer/studenti aleggiano in sottofondo declamando le caratteristiche delle armi seguite dal «crash» della rottura. Nella parete frontale è posizionato un grande arazzo di lana, «Stelle e Conflitti», realizzato dalla cooperativa di tessitrici di Nule in Sardegna, che rappresenta un planisfero con dei pallini colorati: l’opera svela la coincidenza (scoperta casualmente dall’artista) tra i conflitti mondiali e la distribuzione di buchi neri (stelle binarie) rilevati e mappati dalla NASA nell’universo. L’opera esprime un continuo rimando concettuale ed emotivo tra il destino del cosmo e quello dell’umanità. «Il titolo della mostra nasce come suggestione degli eventi cosmici. Buchi neri, lontani da noi, producono strane combinazioni di materia e di suoni che si manifestano a distanza. In maniera simile, le nostre vite sono influenzate dagli accadimenti geopolitici che non osserviamo direttamente. La guerra, la violenza del mondo che apparentemente non ci toccano, sono in realtà prossime, influenzano e modellano le nostre vite con rara intensità», spiega Capra.
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